domenica 21 ottobre 2012
Addavenì Ricciolone
sabato 25 agosto 2012
Addio alle armi
sabato 27 maggio 2006
Isolitudine
Cammino stracco per Catania attendendo che anche questa campagna elettorale giunga al termine. Attendendo che anche questa volta la gallina dalle uova d’oro di palazzo dei Normanni sia messa in saccoccia da qualche gallo ben piazzato. Inutile rammentarvi il disgusto di fronte alla montagna di volantini elettorali buttati senza alcun ritegno sui marciapiedi o direttamente per strada, sui ragazzetti reclutati per distribuire gli ultimi cartoni di santini, sui manifesti che, attaccati l’uno sull’altro, hanno raggiunto uno spessore a dir poco indecoroso – almeno venticinque centimetri in piazza Cavour.
Simili campagne elettorali rappresentano un insulto all’intelligenza dell’elettore.
La visibilità non implica onestà, intelligenza, capacità decisionale. La certezza di essere ciascuno il migliore non giustifica le tonnellate di carta sprecate, gli alberi abbattuti inutilmente, gli inchiostri inquinanti (tutta carta lucida!). Capisco che un volantino costi meno di un programma e che in alcuni casi uno sguardo accattivante e uno slogan furbetto siano sufficienti a sostituire un programma aleatorio e a coprire il pauroso vuoto d’idee di certe persone, ma questo non è fare politica. Mera, aspra, schifosa lotta per il potere semmai, condotta attraverso i mezzucci di una guerra tra straccioni talora coadiuvati dai sorrisi lucenti e dal carisma dei leader calati giù nel feudo ostinatamente più fedele. È una pedina importantissima
Peccato che di problemi, dei problemi reali della gente reale che vive in un mondo reale si sia parlato pochissimo. Vogliamo parlare di sanità per favore – quanti morti per malasanità ci sono stati in Sicilia ultimamente? –, vogliamo parlare di infrastrutture paleozoiche, di povertà, di acqua che manca, di fuga dei cervelli e di lavoro – quello vero, non le caramelline degli LSU buone solo a creare clientelismi, vogliamo parlare di beni culturali abbandonati a se stessi, di abusivismo edilizio, di inquinamento delle coste, di industrie che stanno ammazzando la nostra gente nel disinteresse più totale della classe politica (Gela, Priolo, Augusta), vogliamo parlare della criminalità, della cultura della legalità, vogliamo parlare della nostra Sicilia porca puttana?
È bello, anzi, straordinario che la sinistra abbia candidato Rita Borsellino alla presidenza della Sicilia preferendola a personaggi quali Bianco, Latteri (rettore forzista dell’Università di Catania che ha fiutato prima di altri da che parte soffiava il vento) o Pippo Baudo. Ma non si vincono le elezioni solo con i buoni propositi. Anche perché sappiamo bene che dietro
Bisognava attaccare ferocemente Cuffaro sulla gestione del suo mandato, bisognava demolire Cuffaro sulle sue mancanze di politico, non fare la voce grossa sulla questione morale. La retorica dell’antimafia e le battaglie sulla legalità, pur condotte da una persona sincera e limpida come Rita Borsellino non basteranno: alla gente le simpatiche canaglie pacioccose magari impiastricciate con qualche ometto d’onore sembrano piacere. Scelleratamente.
Eppure sarebbe bello se vincesse Rita. Almeno per testimoniare la volontà di cambiare. Almeno per dire che ci siamo rotti le scatole di quattro imbecilli che pretendono di essere definiti uomini d’onore e ancor più pretendono di comandare sulle nostre vite. Almeno per dire che davvero vorremmo un’altra storia per questa nostra terra. Anche se so che…
Ricordo una sera di qualche settimana fa Rita Borsellino a Modica. Dopo averla inseguita cercando invano d’intervistarla io e l’Apostolo discutiamo in macchina di un’eventuale utopica vittoria della Borsellino. Chiedo “Quanto tempo credi che passerà? …Prima che la ammazzino, voglio dire”. Ritorniamo a casa senza dire una parola.
mercoledì 17 maggio 2006
Gente ridicola
Voglio che guardiate questa donna. Voglio che osserviate questo volantino stropicciato che ho trovato dopo giorni di amorevole ricerca tra tonnellate di santini che si moltiplicheranno esponenzialmente fino al 28 maggio. Se ho avuto parziale pietà per questa povera mentecatta nascondendo il simbolo per cui si presenta alle prossime regionali, non ho potuto fare a meno di lasciare lo slogan. Donne che cambiano il mondo.
In questi giorni una mia amica sta completando una tesi su una figura praticamente sconosciuta della storia moderna: Olympe de Gouges. Una visionaria pioniera che decise di far stampare
Inutile dire che poco tempo dopo sarà ghigliottinata e la sua Dichiarazione considerata poco meno che il frutto di un "isterismo rivoluzionario". Perché va bene fare
Queste sono donne che hanno cambiato il mondo. Donne che hanno combattuto per un'idea, che hanno rischiato la vita e talora l'hanno persa per cercare di migliorare il peggiore dei mondi possibili. Cioè il nostro. Come Emmeline Pankhurst, una delle più agguerrite suffragette, che chiese incessantemente per tutta la sua vita il diritto di voto come elemento indispensabile di una moderna democrazia. Come le migliaia di donne che si sono rivolte a Muhammad Yunus e alla sua Grameen Bank per sfuggire allo squallore di una miseria senza pari. Come Vandana Shiva, che cerca di spuntare quotidianamente le armi delle multinazionali proponendo una diversa e più umana prospettiva per lo sviluppo mondiale. Come la ragazza kuwaitiana leader della Resistenza al tempo della prima guerra del Golfo (una pagina di storia che ricordi quella ragazza per favore) arrestata, torturata per settimane e poi fatta a pezzi per essere portata in trionfo come macabro monito dalle truppe irachene ormai in rotta. Come Rigoberta Menchù: ma è proprio necessario spiegare chi è Rigoberta Menchù? Come... Sarebbero tante, troppe le donne da ricordare.
Queste sono donne cha cambiano il mondo. Non certo la nostra mentecatta autonomista (ops, l'ho detto), illusa che un meccanismo profondamente maschilista quale le quote rosa dia alle donne la parità dei diritti. E soprattutto che le fornisca la libertà di farneticare in siffatto modo.