domenica 18 dicembre 2011

E' stato il negro

Dieci anni fa a Novi Ligure una ragazzina uccise la madre con quaranta coltellate e il fratellino undicenne con cinquantasette fendenti dopo aver tentato inutilmente di avvelenarlo e di affogarlo nella vasca da bagno. Erika de Nardo, allora sedicenne, e il fidanzato Omar Favaro che la aiutò a compiere il massacro accusarono del duplice omicidio due albanesi. Innocenti che rischiarono la morte per le mani di una folla inferocita. Un tunisino fu accusato della scomparsa di Yara Gambirasio, poi trovata morta mesi dopo. Si indaga ancora, ma è certo che il tunisino non sia legato a quella morte tragica. Mesi fa una studentessa spagnola denuncia uno stupro a Roma in piena Trinità dei Monti. Si pensa subito a stranieri, ma dopo qualche giorno la ragazza ammette che si era trattato di un gioco erotico con il suo compagno.


Torino, 10 dicembre. Una ragazzina torna a casa sconvolta: in lacrime, confessa di essere stata violentata da due uomini. “Erano stranieri e puzzavano” dice. Gli zingari di sicuro, quelli del campo nomadi che si trova non troppo lontano da casa sua. Monta il livore della gente, si soffia sul fuoco di facili sentimenti. Mentre la polizia indaga sullo stupro gli abitanti del quartiere organizzano una fiaccolata di protesta: i forconi tuttavia si innalzano al cielo e presto la folla, schiumante di rabbia, darà sfogo al furore più cieco incendiando il campo rom.


E poi arriva la verità più trista. La ragazzina ha inventato ogni cosa. Niente stupro, niente violenza ma un rapporto sessuale – si spera voluto – con un ragazzo. Circondata da un ambiente retrivo di cristianità bigotta e superficiale che nel nome di una verginità del corpo – non si sa se pure di spirito – la obbligava a frequenti visite d'accertamento dal ginecologo, la ragazzina, di certo immatura e forse anche un po' sciocca, non ha avuto animo di reggere quel marchio scarlatto che l'avrebbe bollata come impura e peccatrice agli occhi della sua famiglia. Meglio stuprata che non più vergine. Illibata, come si diceva un tempo. Così, terrorizzata dalle conseguenze determinate da una condotta morale trasgredita ha scelto la via più ovvia per essere creduta. È stato lo zingaro. È stato il negro.


Forse la ragazzina non si è resa conto delle conseguenze della sua azione. Forse la sua bugia non è stata nemmeno un gesto di scoperto razzismo. Peggio, anzi. Perché l'aver additato istintivamente lo zingaro come protagonista di una violenza tra le più odiose rappresenta la conferma terribile di quanto questo sentimento di intolleranza sia stato assimilato nel corpo della società e non percepito più come tale. La ragazzina voleva salvarsi dalla punizione della famiglia, che pensava terribile, e nell'angoscia di un senso di colpa gravante nell'animo ha agito in maniera impulsiva. Da sedicenne, se vogliamo. Da sciocca sedicenne terrorizzata...


Sì, la sto difendendo. Perché la prima vittima di un crimine orrendo è stata lei. Ciascuno è libero di scegliere per sé la condotta morale che più ritiene opportuna, anche la castità o la libertà sessuale. Fondamentale che una simile scelta però sia stata cosciente e meditata, non imposta da dogmi terroristici. E se la giovane età impedisce di operare scelte consapevoli allora sarà la morale familiare, attraverso l'esempio e il dialogo, a trasmettere la giusta condotta da seguire. La maturità e l'indipendenza nel giudizio, una volta raggiunte, suggeriranno in seguito il percorso corretto che non necessariamente dovrà essere quello familiare. Ci sarà chi, educato alla verginità del corpo, comprenderà come questa sia stata la mortificazione di uno degli atti d'amore più spontanei esistenti in natura e prenderà un altro percorso. Ci sarà chi, invece, cresciuto nella libertà sessuale, sentirà l'esigenza di un rapporto più intimo con il proprio spirito e sublimerà il desiderio o lo trasformerà in un edonismo ponderato.


Nessuno stupro è avvenuto quel giorno, nessun corpo è stato violato. Non è stata la ragazzina ad appiccare il fuoco alle baracche del campo nomadi. Nessun morto nell'ignobile rappresaglia ma povere cose consumate dal fuoco, vite precarie buttate in un abisso ancor più tragico di un quotidiano sospeso tra miseria e criminalità.


In una società civile nessuno avrebbe pensato di vendicare una violenza atroce con altra violenza, nessuno avrebbe approfittato di un crimine per sfogare le proprie frustrazioni e la propria becera intolleranza sull'accattone, sullo zingaro. Sul diverso. In una società civile la ragazzina sarebbe punita per procurato allarme, seguita da uno psicologo e assegnata a qualche forma di servizio sociale in grado di farle recuperare il giusto contatto con la società. In un paese civile, infine, non si sarebbe preteso di insegnare una morale sessuale ad una ragazzina infrangendo il suo pudore e violentando con attenzioni morbose un corpo e un’anima che sta imparando ad amare. Non così, uccidendone per sempre le emozioni in nome di un dogma incompreso.