sabato 10 luglio 2010

Tuo il regno tua la potenza

Come il Gran Re padrone assoluto della vita e delle terre di sudditi sottomessi crea satrapie per il satrapo fedele. Accade così che il regno italiano, possedimento privato del piccolo re di Arcore, possa sentire improvvisamente la necessità di un ministero inutile apparso tra le nebbie fitte e misteriose del burocratese più ostico. Ministero per la Sussidiarietà e il Decentramento. Difficile comprenderne le funzioni, impossibile giustificarne la presenza al di fuori dell'Italia cesaropapista degli ultimi tempi. Per un partito e un governo che ha eretto la legalità ad personam come principio fondante della propria etica, dunque, non deve essere sembrato troppo immorale assegnare un ministero ad un carissimo sodale del Papi con l’unica, fin troppo scoperta ragione di salvargli il deretano. Aldo Brancher. Il quale, come bambino beccato con le mani nella marmellata è stato costretto ad assumere davanti alla legge e agli italiani la propria responsabilità... Che vergogna.

Ma prima di entrare nel merito della questione credo sia bene dare qualche cenno biografico su questo altrimenti oscuro personaggio. Aldo Brancher, sacerdote paolino spogliato lavora alla Fininvest a partire dal 1982. Dagli abiti talari al doppiopetto il passo è breve: diventato presto assistente di Fedele Confalonieri durante lo scandalo di Mani Pulite viene coinvolto nel giro di corruzione della prima Repubblica. Brancher consegna trecento milioni di lire al Psi e trecento al segretario del ministro De Lorenzo, il mai dimenticato ministro della Sanità che agevolò la Fininvest nell’acquisizione di commesse pubblicitarie statali. Arrestato, Brancher trascorre tre mesi a San Vittore ed è condannato in primo e secondo grado per falso in bilancio e finanziamento illecito. Ovviamente – l’ovvio italiano – per effetto delle leggi ad personam del nostro amato premier Aldo Brancher in Cassazione vede prescritto il secondo reato e depenalizzato il primo. Il suo curriculum giudiziario gli vale, ovviamente, – l’ovvio italiano – uno scranno in Parlamento e un sottosegretariato. Ma l’ex prete non sembra averne mai abbastanza di marmellata: insieme alla moglie, infatti, è coinvolto nella scalata ad Antonveneta da parte della Bpi, lui imputato per appropriazione indebita, la moglie per ricettazione. Nello specifico Aldo Brancher e la moglie Luana Maniezzo sono imputati per quattrocentoventimila euro di appropriazione indebita, incassati tra il dicembre e il novembre del 2003 grazie a plusvalenze su azioni Tim e Autostrade che, secondo l'accusa, vennero manovrate dai vertici della Popolare di Lodi per favorire la coppia. Altri seicentomila euro, per cui è stata contestata la ricettazione, erano divisi in versamenti differenziati: i primi centomila consegnati in contanti da Donato Patrini, collaboratore di Gianpiero Fiorani, presso l'autogrill di San Donato milanese nel 2001; una seconda tranche di centomila euro in contanti consegnata nel 2004 a Lodi nell'ufficio di Fiorani; altri centomila ricevuti a Roma nel gennaio del 2005 dopo la bocciatura del decreto sul risparmio nell'ufficio di Brancher, al ministero del Welfare; infine, altri duecentomila euro consegnati ancora nell'ufficio di Fiorani a Lodi, nel marzo dello stesso anno. Accuse pesanti come macigni, circostanziate e documentate. Ma arriva la furbata: qualcuno decide di confezionare un Ministero inutile, senza portafoglio, e alcune deleghe ectoplasmatiche con l'intento fin troppo scoperto di salvare Brancher dal processo Antonveneta attraverso il legittimo impedimento... Complottismo? No, se il ministro del ministero più inutile che la storia repubblicana ricordi chiede il legittimo impedimento a soli cinque giorni dalla nomina.

Mica scemo.

Una parte della maggioranza ha tuonato sulle polemiche sollevate dalle opposizioni e dai finiani definendole strumentali perché a loro dire la sospensione sarebbe stata di qualche mese. Vero, ma non ci vuole un'aquila per capire che sarebbe stato solo il primo passo, un modo per prendere tempo e Berlusconi ci ha fin troppo abituati a procedimenti di tal genere che di sospensione in sospensione arrivano direttamente alla prescrizione per decorrenza dei termini. Quindi non prendiamoci in giro. E poi Napolitano. Ah, Napolitano! Non è vero, come dice qualcuno, che il presidente della Repubblica aveva le mani legate e non poteva far altro che confermare la nomina di Brancher. La preoccupazione del presidente Napolitano di essere super partes è talmente grande che per timore di mostrare il fianco alle solite polemiche sul suo passato comunista rischia talora, per eccesso di zelo, di pendere dalla parte opposta. Napolitano poteva rispedire al mittente il ministro Brancher e rifiutarsi di nominarlo: in ogni caso non sarebbe stato il primo. Già Scalfaro nel 1994 rimandò a casa un indifendibile Previti e così Ciampi nel 2001 con Maroni, condannato in via definitiva per oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale. Carabattole, diciamo la verità, ma Ciampi pensò che per principio un pregiudicato (così la lingua italiana definisce quanti hanno riportato condanne penali) non dovrebbe occupare il posto di Guardasigilli. Con Berlusconi il corso della storia è stato un po’ diverso e Maroni può dare ordini ai pubblici ufficiali oltraggiati nella sua storia politica... Ma non divaghiamo. Dopo le asprissime polemiche sollevate dalle opposizioni Brancher decide di rinunciare al legittimo impedimento e di dimettersi da ministro con una dichiarazione spontanea in cui incredibilmente sovverte lo stato delle cose e riesce quasi a presentarsi vittima di una gogna mediatica e di polemiche strumentali. Rinunciando al legittimo impedimento Brancher ha chiesto il rito abbreviato, una formula che ridurrà di un terzo l'eventuale pena con un processo che si svolgerà a porte chiuse e con prove documentali.

Ma è bene rilevare che le dimissioni di Brancher non sono state un atto di responsabilità presentate nell’interesse del Paese: ancora, che non ci prendano in giro. Quelle dimissioni discendono direttamente dalla dirigenza del partito quale unico atto possibile per evitare una mozione di sfiducia che avrebbe potuto provocare un effetto domino, un rischio troppo alto per continuare sulla strada che avevano intrapreso. La vicenda Brancher ha umiliato per l'ennesima volta le istituzioni repubblicane confermando, se mai ce ne fosse ancora bisogno, che le istituzioni coincidono con le persone che le possiedono. Ghe pensi mi dice Berlusconi, svuotando di ogni oggettività la democrazia e facendone un suo personale dominio, piegando fino allo scricchiolio, con accanimento compulsivo, ogni istituto garantista alla sua bisogna e a quello dei suoi sodali. Ghe pensi mi? Ma che vergogna.

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