martedì 30 agosto 2011

Lettere al Direttore

Intanto leggete qui.

Quella che segue è la mia ovvia risposta.

Gentile Direttore,

non me ne voglia per questa mia, una semplice osservazione dal sottosuolo proveniente da un gradino ancor più basso, fors'anche girone dantesco, dell'informazione locale. Ospite della sua testata, conduttore di una trasmissione sui generis, collaboratore di un ufficio stampa, aspirante giornalista.

Comprensibile la sua reazione, piccata per essere stato escluso, insieme a tanti altri rappresentanti dell'informazione locale, dalla rosa degli illustri giornalisti che hanno animato la festa del Giornalismo. Comprensibile anche il decalogo finale di biblica memoria, che vuole essere una bonaria tirata d'orecchi per questi giovani scapestrati che hanno voluto ignorare i consigli del nonno scafato da oltre cinque lustri di attività giornalistica. Non me ne voglia lei, caro Direttore, se avanzerò qualche appunto sulle sue considerazioni (io che, non ancora giornalista, ero stato invitato in veste di moderatore, ma che ho dovuto declinare per impegni pregressi), e non me ne vogliano i ragazzi del Clandestino se parlerò con il tono bonario e divertito dello zio che vede crescere svegli i propri nipotini e si inorgoglisce.

Lei, caro Direttore, auspicava la presenza di illustri penne politicamente orientate quali Maurizio Belpietro (condanna definitiva per diffamazione a mezzo stampa), o Vittorio Feltri (padre insigne del metodo Boffo) o Bruno Vespa, che magari avrebbe portato con sé un plastico con il quale avrebbe spiegato la perfetta mescolanza ai fini dell'audience di efferati omicidi e curiosità morbosa del telespettatore medio. Alla luce di quanto detto prima, ha ancora un senso chiedersi la ragione di simili assenze? Ad ogni modo non sappiamo se gli organizzatori del Festival avessero contattato o meno queste celebrità dell'editoria italiana: meglio sospendere il giudizio allora, altrimenti parliamo di aria fritta.

Inoltre, egregio, ha sottolineato l'assenza di giornalisti e cronisti locali. Assenza indiscutibile, sulla quale si può essere d'accordo o meno. Vorrei riflettere insieme a lei, tuttavia, delle ragioni che hanno potuto portare gli organizzatori ad una simile scelta. E lo faccio aggiungendo una voce al decalogo che ha rivolto idealmente ai redattori del Clandestino, l'undicesima: "Fai sempre autocritica. Dopo aver scritto il tuo articolo, rileggilo come se fossi un avvocato che è stato assoldato per farti condannare in tribunale". Fare autocritica prima di pubblicare. Per non prestare il fianco, per essere inattaccabili. Si guardi intorno e osservi il panorama dell'informazione locale.

A parte notevoli eccezioni, il giornalismo locale è caratterizzato da una impasse strutturale difficile da superare: tutti i giornalismi locali, non solo quello modicano o ragusano, che crede. Uno stallo retto da particolarismi e amicizie, dalla difficoltà di asservire davvero la verità e non solo a parole, quando il dovere di cronaca imporrebbe di documentare anche le malefatte dell'amico o dell'amico dell'amico, uno stallo creato da professionalità poliedriche ma superficiali che per mancanza di tempo scrivono articoli sciatti e svagati, da professionalità vivaci ma svilite e soffocate dalla routine della testata per cui lavorano (talora sottopagate), da poteri forti piccoli e grandi, dai luoghi comuni, dal "tempestivo intervento delle forze dell'ordine" e "dall'asfalto reso viscido dalla pioggia", dalla foto del ladro di polli sbattuta in prima pagina o sull'homepage di un sito e dalle reticenze su arresti ben più illustri... Non so se ho reso l'idea. Non so, peraltro, se gli organizzatori del Festival abbiano espressamente invitato i rappresentanti del giornalismo locale "in qualità di" ospite e non solo come spettatori o cronisti dell'evento. Per parte mia li avrei invitati, certo di venire bellamente ignorato nella maggior parte dei casi: solo pochi avrebbero accettato l'invito, ben felici di potersi confrontare con altre realtà del giornalismo nazionale. E non lo consideri il mio un processo alle intenzioni o banale preconcetto. Parlo per esperienza personale, e non aggiungo altro per evitare lungaggini o inopportuni egocentrismi.

Solo, mi chiedo perché a nessuna delle testate più importanti della provincia o alle loro penne più influenti sia venuto in mente di confrontarsi pubblicamente con colleghi di altre testate, magari lontani per impostazione metodologica e ideologia politica. Mi chiedo perché, a fronte di decine di personalità mature, abili e competenti nel giornalismo locale, abbiamo dovuto attendere che lo facesse un gruppo di ragazzi di una testata giovane, intraprendente e forse anche un tantino incosciente. Ragazzi che cresceranno giornalisticamente, è indubbio, ma che andrebbero seguiti con attenzione ed interesse dalle testate locali e non ricoperti da critiche sterili, tanto facili quanto il dar di gomito delle vecchie comari al passaggio di una ragazza nel fiore della propria gioventù.

giovedì 18 agosto 2011

Note stonate

Tempo d'estate, vacanze al mare. Il riverbero della spiaggia, il sole cocente che può far prendere terribili abbagli al politico di turno. Accade così che detti politici decidano di attaccare con polemiche strumentali e del tutto fuori luogo una manifestazione quale il “Rock dei Conti” di Modica. Un'occasione persa per stare zitti. Rattrista sapere che esistano ancora personalità che pur di screditare un'amministrazione appartenente alla parte politica avversa non si facciano scrupolo di buttare fango sopra un evento da essa patrocinato. Le accuse, avanzate con acredine ed arroganza, hanno mostrato quanto superficiale e limitata possa essere certa politica locale, soprattutto quando si tratti di forme di intrattenimento insolite per la il nostro territorio. Un festival rock nella sonnacchiosa Marina di Modica, una ventata di grinta in un cartellone di eventi estivi altrimenti polveroso e bacucco, poteva mai essere accolto con la necessaria apertura mentale?


Non sia mai.


E allora polemiche su polemiche, comunicati stampa compiacenti al limite del ridicolo. Accusare l'organizzazione di aver autorizzato la presenza di uno stand che vendeva birra, ad esempio, può trasformarsi in un imbarazzante boomerang. Se quel politico, infatti, avesse osservato meglio si sarebbe accorto che si trattava della birra “Rocca dei Conti”, main sponsor del festival. Per chi non lo sapesse, si tratta di un birrificio artigianale modicano che ha voluto scommettere sul festival e che ha voluto promuovere la propria birra anche attraverso la manifestazione. Attaccare pretestuosamente un'azienda modicana guidata da giovani imprenditori, che produce ricchezza e dà valore aggiunto al comparto enogastronomico ibleo non è solo controproducente per l'economia locale, è miope. Sin dalla prima edizione, poi, l'organizzazione ha sempre invitato a bere con responsabilità: gli spettatori del “Rock dei Conti” hanno recepito il messaggio restituendo intatta la struttura in cui si è svolta la manifestazione senza dare fastidio a nessuno. Dove sono invece i moralisti della politica locale mentre centinaia di ragazzini si ubriacano impunemente ogni sera d'estate nei locali della provincia con evidenti danni a se stessi e agli altri? Nessuno di loro sente la necessità di spronare gli organi preposti al controllo per scongiurare possibili tragedie?


In secondo luogo il comunicato di quella personalità politica criticava l'opportunità di invitare simili artisti pur dichiarando di non voler avanzare considerazioni di carattere artistico... Preterizione è il nome di una simile figura retorica, si finge di voler tacere riguardo a qualcosa pur dicendolo apertamente. Ipocrisia linguistica. È desolante che certi politici critichino scelte di tal genere invece di plaudire ad iniziative che raccolgano il favore del numero più ampio di persone. Il comune di Modica e la provincia regionale di Ragusa, patrocinando il “Rock dei Conti” hanno dimostrato di non avere alcuna discriminazione culturale ma lungimiranza e apertura mentale. Non a tutti piace il rock (purtroppo, ma questa è un'opinione personale). Così come non a tutti piace il jazz radical chic o i cineforum. Non a tutti piacciono le commedie in dialetto o le tristi sagre paesane spacciate per eventi “slow food”. C'è gente che preferirebbe farsi strappare il dente del giudizio senza anestesia piuttosto che assistere ad un concerto di “Jimmy Fontana e figli”. Non tutti hanno gli stessi gusti e non tutti hanno lo stesso concetto di cultura. Certo Pino Scotto non insegnerà mai alla Sorbona di Parigi ma la sua storia personale appartiene sicuramente alla cultura main stream dell'hard rock italiano anni '80. Un'icona, nel bene e nel male. E anche gli altri ospiti della serata non erano da meno: vantano collaborazioni eccellenti (Michael Nyman, Europe, Caparezza), tour internazionali e la partecipazione a prestigiosi festival europei quali Heineken Jammin Festival o Sonisphere. Forse il linguaggio eccessivamente colorito di Pino Scotto potrà aver offeso la sensibilità di qualche benpensante, ma ci chiediamo per quale ragione simili Catoni non si scandalizzino allo stesso modo per le espressioni da trivio usate quotidianamente da alcuni rappresentanti della politica nazionale.


Ora l'appuntamento con il “Rock dei Conti” rischia di non essere più rinnovato, forse anche in virtù delle critiche ottuse di qualche rappresentante politico locale... Un consiglio allo staff del “Rock dei Conti”: tenete duro ragazzi perché avete svolto un ottimo lavoro, non state a sentire le critiche di parrucconi incartapecoriti che blaterano a vanvera giusto perché sulla faccia si ritrovano una bocca tra il naso e il mento. E se qualcuno dovesse continuare imperterrito a giudicarvi con insolenza non dategli troppa importanza, anzi, volate alto e rispondete come avrebbe risposto Pino Scotto. “Datevi fuoco”. Semplice, incisivo, brutale. Ammetterete che Jimmy Fontana non ha la stessa capacità persuasiva.

venerdì 12 agosto 2011

Insuperabile Altan