giovedì 22 maggio 2014

L'un per cento

Per un ricordo sbagliato di Gaetano Bresci

È necessario che il seme della giustizia contenga almeno il germoglio della vendetta. Qualora l’ingiustizia sia innaffiata dal sangue dell’innocente, qualora sia cresciuta nella feccia della prevaricazione. Qualora il putridume dell’inquisitore, frustrato dalla grettezza della propria natura, contamini l’anima caduta del colpevole. Millenni di dottrine, tribunali solenni, religioni e filosofie hanno travestito di buoni propositi ciò che ciascuno, nel profondo, non avrebbe mai il coraggio di affermare in un consesso che si dica civile.

Perché rendersi conto che una vendetta rigeneratrice, e lucida, sia ancora la forma più certa di giustizia a questo mondo scuote le nostre coscienze di uomini rattrappiti. Le turba. Soprattutto se tremenda è stata l’ingiustizia patita, soprattutto qualora l’ingiustizia provenga da quello stesso Stato, foriero delle più ripugnanti crudeltà, che si erge a paladino di una legge che ha piegato solo per riuscire a perpetuare la propria esistenza.

Non vi sorprendete perciò se oggi desidero ricordare Gaetano Bresci nell’anniversario del giorno in cui “fu suicidato” in circostanze che a nessuno è mai interessato davvero chiarire. 

L’assassino. Il regicida. L’anarchico. Nonostante sostenga una giustizia scaturita dalla legge degli uomini nel mio profondo si è da tempo stabilita una considerazione, acquartierata come una guarnigione di lanzi nelle stanze del mio pensiero.

Non riesco a cacciare via l’idea che mai fine fu più meritata per Umberto I. Non dopo che ordinò di reprimere nel sangue i moti in Sicilia. Non dopo che ordinò a Bava Beccaris di sparare su una folla inerme che protestava per fame. Non dopo che quell’ordine provocò decine, forse centinaia di morti. Non dopo aver conosciuto a quale destino atroce Umberto I condannò persone come Giovanni Passannante e Pietro Acciarito.

Sconosciuti ai più, questi uomini e i loro destini violentati dovrebbero essere ricordati come i testimoni della repressione più efferata e del rancore più meschino. Cercate le loro storie, rivivetele, e il gesto di Gaetano Bresci vi apparirà come un implacabile, per quanto barbaro, distorto e sanguinoso, atto di giustizia.


http://youtu.be/AJOgCVdYpUQ

lunedì 12 maggio 2014

«Non vedi, figliolo» esclamò «quel pazzo furioso che sta strappando a morsi il naso dell’avversario, e quell’altro che schiaccia sotto un masso enorme la testa di una donna?»
«Vedo» replicò Bulloch. «Stanno creando il diritto; fondano la proprietà; stabiliscono i principi della civiltà, le basi della società e le assemblee dello Stato […] La loro opera sarà celebrata nei secoli dai legislatori, protetta e confermata dai magistrati».

(A. France, “L’isola dei pinguini”)