sabato 15 aprile 2006

Quelli che al Nord le cose funzionano meglio

Ho deciso di scrivere questo appunto in risposta ad un commento che Faith ha lasciato sul post precedente, "La banalità del male". Il commento era il seguente:

bhe, la mafia non morirà mai... è piuttosto significativo che lo stesso provenzano viveva latitante da 40 anni , sempre a CORLEONE!! non si è mai spostato... fallo qua al nord.. ti trovi l'antimafia in casa dopo 12 ore, neanche... è la siciglia che ha il germe della mafia dentro di lei... non se ne libererà facilmente!!!

"Fallo qua al nord". Queste sono le classiche frasi che precludono ogni possibile dialogo con me. Che solitamente sono piuttosto tranquillo, ma quando sento o leggo simili parole divento a dir poco intrattabile. Faith, non cominciamo a parlare di superiorità o meno del Nord rispetto al Sud, per favore.

Non esiste un'Antimafia del Nord e una del Sud, esiste l'Antimafia e basta. Se poi vuoi fare polemica su Grasso e sul suo lavoro a Palermo accomodati pure, ma non porre il problema in questi termini semplicistici. Non so che conoscenza hai del fenomeno mafioso ma dovresti sapere che la semplice criminalità (quella che avete in abbondanza dalle vostre parti e che non manca nemmeno dalle nostre) ha delle caratteristiche che la mafia non possiede. Il fenomeno mafioso è radicato al territorio, sono io stesso il primo ad affermare una cosa simile. Ma non credere che i rapporti tra la criminalità, gli affari e la politica esistano solo al Sud, non pensare che la non-cultura omertosa esista solo al Sud, e soprattutto, non credere che qui, al Sud, in Sicilia, non si faccia niente per distruggere questo cancro malefico che è la mafia.

CI SBATTIAMO
CONTRO
IL GRUGNO OGNI GIORNO. E non parlo certo della retorica dell'antimafia che in questi ultimi anni sembra aver preso piede: si moltiplicano le manifestazioni significative da parte delle istituzioni ma concretamente si fa poco e nulla - e può accadere che la figlia di Beppe Alfano debba dover ricorrere ad una denuncia pubblica, attraverso i media, per poter essere presa in seria considerazione dalle forze dell'ordine. Non parliamo poi di Cuffaro, la cui contiguità con ambienti mafiosi è stata accertata senza ombra di dubbio dalla magistratura: risulta tuttora indagato, per cui aspetterò il lavoro dei magistrati e solo dopo un loro giudizio vedrò se posso chiamarlo mafioso o meno. Non guardare queste cose. Guarda i piccoli Nessuno che non scappano di fronte a tanta miseria e degrado, guarda chi rigetta disperato questo stato di cose, guarda chi ha l'incoscienza della denuncia pubblica, ma soprattutto guarda l'elenco delle donne e degli uomini ammazzati dalla mafia - abbreviato nel post precedente solo per motivi di spazio.

Un elenco che dovrebbe renderti partecipe di questo immenso desiderio di liberazione, folle, idealista, sprovveduto per quanto vuoi ma sempre presente in noi siciliani.

Siamo un popolo fiero, noi siciliani, nel male della criminalità organizzata come
nel bene esasperato di un'etica per la giustizia... Siamo ancora troppo pochi, ma non credere che non esistiamo. Siamo più dei mafiosi, questo è certo: loro hanno dalla loro parte solo la forza della violenza, solo il potere della paura. E allora o si innesca una vera e propria guerra civile al di fuori di ogni legge - io ci sto, tutti contro tutti e vediamo cosa esce fuori - o si ha fiducia, nonostante la sua prolungata e colpevole latitanza, nonostante la sua inefficienza, nello Stato italiano e nelle sue istituzioni. Si fa poco perché come ho detto nel post precedente la mafia sembra essere radicata nel nostro dna come una terribile malattia genetica. Ma il compito dei piccoli Nessuno è proprio quello di sradicare questa non-cultura che attecchisce prima di tutto nella povertà materiale della gente, una parte della quale andrà a rimpinguare le fila della manovalanza mafiosa.

Come ho scritto anche altrove - e scusa l'autocitazione - se lo Stato non è presente, per chi parteggi?
Per un leviatano sconosciuto che non garantisce quei servizi minimi che dovrebbero esistere in un paese civile (che infatti sono presenti in altre regioni d'Italia e anche in alcune parti della Sicilia), o per un’organizzazione pur illegale, ma che ti dà la possibilità di un’esistenza dignitosa? Vedi l'esempio della cosca dei Lo Piccolo a Palermo e capirai. Mi dirai forse che la gente può scegliere se cambiare le cose o se arrendersi alla contingenza. Potresti dirmi che la gente invece di pensare all'oggi dovrebbe essere più lungimirante. Beh, in maniera del tutto populista (non me ne vogliano certe persone) posso dirti che devi pur mettere insieme il pranzo con la cena, o per citare Eliot "Nessuno può essere saggio a stomaco vuoto". Eliminiamo prima le sacche di povertà materiale, diamo un livello minimo di civiltà a questa gente e vedremo che la delirante ed imbecille etica mafiosa si affievolirà per poi spegnersi definitivamente. Io parlo così perché ho avuto la fortuna di nascere e crescere in una famiglia tutto sommato benestante, in un ambiente in cui la cultura della legalità è stata sempre al primo posto, in una città in cui la mafia è sempre stata piuttosto silenziosa (per suo vantaggio, si capisce), anche considerando il fatto che Modica è da almeno una quindicina d'anni la lavanderia del denaro sporco di buona parte della Sicilia sud-orientale. Una ventina di banche per una città di 60.000 abitanti mi sembra un dato piuttosto insolito.

Ma non so cosa avrei detto o in che modo avrei agito se fossi nato allo Zen di Palermo o se fossi cresciuto tra i casermoni degni del peggiore socialismo reale del Librino di Catania.

Perciò non venirmi a dire che al Nord certe cose non potrebbero accadere: accadono allo stesso modo, solo che i criminali e i latitanti hanno un altro volto e un'altra storia. Senza contare che il binomio Sicilia-criminalità organizzata è sempre stato un connubio succulento per i media che non aspettano altro se non sguazzarci dentro come tanti porcellini grufolanti. Fa comodo vivere di luoghi comuni. La Sicilia è mafia, la Sicilia è la coppola e la lupara,
la Sicilia è la donna col fazzoletto nero in capo, la Sicilia è il carretto e lo scacciapensieri, la Sicilia è la cassata e la pasta con le sarde, la Sicilia è Taormina e Mondello.

Colore locale. Punto. Ma esiste anche un'altra Sicilia. Quella di cui nessuno parla (perché non fa comodo), quella dei muli infaticabili, delle capre testarde, la Sicilia di chi non si arrende all'agonia della luce. Di chi tiene testardamente in mano il cerino che illumina l'oscura caverna del nostro futuro.

A costo di bruciarsi le dita.



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