lunedì 6 gennaio 2014

Favola



C’era una volta in un tempo fuori dal tempo il paese di Mirmidonia. Esso era governato dai buoni Saggi Padroni i quali a tutto pensavano per il benessere e la felicità dei sudditi. Un giorno i Saggi Padroni chiesero a Formicaccia di cercare i cibi più deliziosi e succulenti del loro mondo affinché l’intera comunità potesse fare festa e gioirne. Formicaccia, ben cosciente dell’impossibilità di una ricerca veloce e solitaria, chiese aiuto al piccolo Formichina, giovane e volenteroso insetto della città di Mirmidonia. Formichina prese a cuore il progetto dei Saggi Padroni e si spinse oltre i suoi compiti iniziali scoprendo leccornie rare e preziose che Formicaccia stesso si era rifiutato di ricercare perché riteneva impossibile esistessero ancora.

Alla fine del lavoro Formicaccia chiese al suo maestro Formicona un parere sul lavoro svolto. Formicona, con tutta la boria ed arroganza d’insetto che riteneva di essere importante ridicolizzò l’impegno di Formichina e convinse Formicaccia dell’opportunità di escludere la giovane formica dalla parte di merito del quale pure era degno. Solo uno zuccherino sarebbe bastato, un contentino e l’oblio. Chi era mai, alla fine, Formichina? E così fu: Formicaccia a braccetto con Formicona si appropriò ingiustamente di ogni merito davanti alla comunità festante. Formichina condannò il meschino opportunismo e la miserabile arroganza di Formicaccia e maledisse la gretta superbia di Formicona. Infine, non riuscendo a sopportare quell’ingiustizia, Formichina rivolse uno sguardo ai Saggi Padroni chiedendo come fosse possibile che nella loro infinita assennatezza non avessero compreso la maligna perfidia di Formicaccia.

Suonò la sveglia e Formichina si scrollò tirando le coperte sulle antennine. Cinque minuti ancora! Era solo un incubo, un incubo soltanto… Sorrise pensando alla bontà dei Saggi Padroni e all’amata città di Mirmidonia. Mai sarebbe accaduto nella loro comunità che il merito del singolo e la bellezza della cooperazione fossero scalzate dalla miseria del sentimento e dall’insolente avidità dei pochi.

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