mercoledì 4 novembre 2009

L'influenza dei media

Arrivano i primi freddi, arrivano le prime influenze. Di tanto in tanto arriva una pandemia ma si sa, sono meccanismi epidemici che in un villaggio globale come il nostro dobbiamo necessariamente mettere in conto. Virus A-H1N1, per essere più precisi. Sarebbe opportuno ricordare però a quanti mostrano paura, complice l’allarmismo interessato dei media, per il virus A-H1N1 che quest’ultimo è solo un virus influenzale. Una banale influenza che però, mutando, è diventata più facilmente trasmissibile, più cattiva e più difficile da debellare. Si può morire di A-H1N1, ma le percentuali di mortalità sono di poco più alte rispetto alle medie stagionali relative all’influenza normale.


Poco più alte rispetto alle medie stagionali.


Del virus Ah1N1 si può morire solo se e solo se si è colpiti da gravi complicazioni: a rischio dunque bambini, anziani e persone ammalate da patologie preesistenti. Si tratta pur sempre di influenza, tant’è che una buona percentuale di quelli che in questo momento stanno starnutendo o sono a letto con la febbre potrebbero benissimo avere la famigerata influenza suina e non saperlo mai.


E qui vorrei fare un passo indietro. Chi mi conosce sa quanto odi le persone che credono nelle trame occulte. I complottisti, brutta bestia. Certo è però, che in questo caso alcune cifre e alcuni fatti inducono a pensare. I toni allarmistici dei media però, in alcuni casi, sembrano essere decisamente pilotati. Un esempio? In Gran Bretagna, lo scorso aprile gli epidemiologi avevano immaginato un numero di 100.000 contagiati al giorno al momento di picco della cosiddetta "pandemia", mentre, secondo lo scenario più devastante, un terzo della popolazione sarebbe stata infettata. In cifre, i catastrofisti stimavano 65.000 morti. Per la fortuna dei sudditi del Regno Unito la verità è stata ben diversa: finora in Inghilterra si sono contati 83 decessi per A-H1N1 su 370.000 infettati con un tasso di mortalità pari allo 0,02%. Come mai questo scarto? Siamo proprio certi che le industrie farmaceutiche che vendono i medicinali usati per curare questa influenza non abbiano premuto un tantino per creare allarmismo?


Stiamo parlando di Tamiflu e di Relenza, prodotti rispettivamente dalla Roche e della GlaxoSmithKline. Uno studio pubblicato sulla rivista medica The Lancet lo scorso settembre ha dimostrato che Tamiflu e Relenza ridurrebbero la durata della malattia di poco più di mezza giornata, vale a dire un taglio del 15% rispetto al decorso normale dell’influenza, stimato dagli esperti in una settimana. Senza considerare che il farmaco, assunto dopo 48 ore dall'inizio dell’infezione, gli effetti si avvicinano allo zero.


La domanda a questo punto potrebbe sembrare superflua e banale: se questi medicinali servono a poco o niente perché si acquistano? La risposta è gentilmente fornita da Simon Garfield, un giornalista inglese dell'Observer che lo scorso 25 ottobre ha pubblicato un articolo illuminante. Secondo il pezzo, i governi mondiali hanno acquistato 270 milioni di terapie di Tamiflu dal 2006, di cui la metà negli ultimi sei mesi. La GlaxoSmithKline invece realizzerà per la fine del 2009 190 milioni di dosi di Relenza, vale a dire il triplo della sua produzione normale. È ancora necessario rispondere?


Nel terzo trimestre del 2009 il fatturato della GlaxoSmithKline è cresciuto del 15% grazie soprattutto all'effetto Relenza. L'azienda, inoltre, ha ricevuto ordini per 440 milioni di dosi del suo vaccino contro l'influenza A-H1N1: costo al pubblico sette euro circa, costi di produzione stimati attorno all’euro per confezione con un ricarico del 700% circa. Se gli affari della GlaxoSmithKline solcano il mare delle pandemie con il vento in poppapossiamo tranquillamente affermare che la Roche non si attarda nella bonaccia: a metà ottobre l’azienda ha riportato vendite di Tamiflu per 2 miliardi di franchi svizzeri, che dovrebbero fare poco meno di un miliardo e quattrocentomilioni di euro, un incremento pari a quasi 4 volte il fatturato dell'anno precedente. A pensare male si fa peccato, è vero: ma alla luce di questi dati, pensate ancora che in tutto questo allarmismo da influenza porcina non ci sia lo zampino di qualche casa farmaceutica interessata a far soldi sulle paure della gente?

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