venerdì 19 giugno 2009

Stringiamoci a coorte

Prima guardate questo e poi parliamo del resto.



Michela Vittoria Brambilla, ministro della Repubblica italiana. Per chi non l'avesse riconosciuta è quella in tailleur tinta pastello che fa il saluto romano alla fine dell'inno di Mameli.

Ancora una volta le istituzioni repubblicane offese dal dilettantismo di politicanti allo sbaraglio: perché non è tanto lo scatto orgoglioso del saluto romano tirato fuori dalla naftalina ad offendere gli occhi e lo spirito dei singoli. Si tratta di ciò che rappresenta. Il dolore di un funesto ventennio fatto di libertà soffocate e di terrore, di morti e devastazioni volute da un regime che condensava in quel gesto tutto il suo stupido impeto di virile brutalità etica e politica.

Nessuno, io credo, può o vuole impedire ai nostalgici e ai fascisti vecchi e nuovi di venerare quel tetro periodo della storia d'Italia. Ma un ministro della Repubblica italiana, di quella Repubblica nata grazie al sacrificio di tanti uomini e donne che combatterono il fascismo, un ministro della Repubblica italiana non può permettersi un gesto simile in un contesto istituzionale.

Certo la Brambilla ha imparato bene la lezione dal Cavaliere Nero il quale, com'è noto, se attaccato non solo evita di rispondere, ma sferra un contrattacco fatto di insulti e contumelie a quanti chiedono conto di un suo comportamento. "Non avendo argomenti politici" ha affermato la Brambilla "i nostri avversari si sono ridotti a misurare l'angolazione del mio gomito quando saluto i cittadini o a calcolare l'altezza delle mie braccia".

Eh no cara ministra, mi spiace contraddirla ma questo è un argomento politico, e di non poco conto. Perché non si può giurare fedeltà alla Repubblica italiana e poi calpestarne la storia in tal modo, perché non si può essere così superficiali da pensare che il saluto romano sia oggi solo un gesto pittoresco scevro da significati profondi. Senza contare che questo episodio potrebbe avere implicazioni legali: sebbene la vecchia legge Scelba non consideri il saluto romano apologia del fascismo, non ci sono forse le aggravanti del ruolo istituzionale ricoperto e del contesto in cui è stato mostrato? In un Paese serio dalla forte coscienza storica, con una classe politica seria e responsabile la Brambilla si sarebbe già dimessa.

Paese serio, coscienza storica, classe politica responsabile: troppe variabili da applicare. Almeno in Italia.


Ps: il sito di Repubblica ha pubblicato la testimonianza di Virginio Brivio, presidente uscente della provincia di Lecco, il quale afferma che la Brambilla non è nuova a performance vetero-fasciste di tal fatta. Qui il link.

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