giovedì 25 giugno 2009

Riserva indiana

ovvero
Modesta riflessione sul suicidio assistito della sinistra italiana


Dopo un po’ subentra la stanchezza della ripetizione. Una vox clamans che rimbomba necessariamente fra le pareti di sabbia del vuoto circostante… È desolante vedere l’ombra di un’idea ridotta in poltiglia da diecimila piccoli capetti capaci di litigare anche per il colore delle calze dei propri candidati. Cosa fanno due elettori di sinistra? Almeno tre partiti: una freddura che sicuramente avrete sentito anche voi in questi giorni. E la cosa più desolante è che è vera. Perché la sinistra è certamente masochista, l’attuale sinistra caricatura della propria gloriosa tradizione intendo.

Non posso credere infatti che gente di media cultura, che ci si figura tutto sommato intelligente, abbia voluto coscientemente perdere le elezioni per futili divergenze, che abbia definitivamente abbandonato la gente reale per pascersi di parole e di autoreferenzialità… Per capirci, ho avuto modo di assistere ad un comizio di Riaffondazione Comunista a Catania e, di sbieco, a uno di Sinistra e Libertà prima delle elezioni europee e di ascoltare dal palco parole completamente fuori dal mondo reale: lotta di classe, partito antimperialista. Anche belle parole, come partito antifascista. Eppure è stato come assistere al suicidio per ottusità di un gruppo politico. Perché non si può parlare di lotta di classe nel 2009 quando la classe operaia, politicamente parlando, non esiste più, quando l’operaio medio ora vota Lega al Nord e UDC o PDL al Sud. Non si può parlare nel 2009 di partito antifascista o di partito antimperialista: ottimi concetti, lodevoli, ma il Paese reale, la gente reale, non può considerarli come priorità.

Perché non sono priorità per una famiglia che deve tirare la cinghia per arrivare alla fine del mese. Perché il lavoratore a tempo determinato sarà pure orgogliosamente antifascista e antimperialista, però con lo stipendio che prende non riesce a campare. Perché il pensionato ricorderà con piacere le conquiste di civiltà portate avanti dalla sinistra dei suoi tempi, eppure non può fare a meno di sentirsi indifeso e abbandonato dalla classe politica attuale. Perché il tanto vituperato bamboccione mantenuto dalla famiglia, che magari cerca disperatamente di rendersi indipendente non può sperare in un futuro con le quattro lire elemosinate dal proprio donatore di lavoro.

Perché potersi ribellare, di questi tempi, è un lusso. Paradossalmente. È un paradosso perché di solito dovrebbe essere proprio il bisogno a spingere alla ribellione, a stravolgere l’ordine delle cose, per ottenere maggiori diritti. Il fatto è che viviamo in una sorta di terra di mezzo: lontani nella quasi totalità dei casi dalla disperazione più nera, ma lontani anche, in molti casi, da una qualità di vita dignitosa per un paese civile.

E allora i tanti si accontentano del poco che hanno perché non si può mai sapere, tirano avanti e vedono il mondo della politica come una realtà estranea alla propria esistenza, da avvicinare quel tanto che basta magari per ottenere un favore. Questa è la verità. Ed ecco perché la sinistra si suicida: perché corre appresso ai “figli d’arte”, ai centri sociali avulsi dalla quotidianità, ai ragazzini viziati dai genitori sessantottini, perché magari organizzerebbe raccolte di fondi per la Palestina ignorando invece i bisogni delle persone a loro più prossime. Per l’ennesima volta lo ripeto: la sinistra muore coscientemente perché non vive più tra la gente, perché si batte per principi di civiltà pur importanti ma non prioritari nella vita quotidiana, perché si rinchiude in un meccanismo autoreferenziale e in uno sterile voto di rappresentanza: avete presente quei comizi, magari partecipati, con tante bandiere rosse e proclami accesi? Quelli sono comizi che non porteranno a niente: perché parleranno a gente che è già d’accordo con quelle idee, gente che la pensa già come chi sta sul palco. Lotta di classe? Bravi! Partito antimperialista? Fico! Partito antifascista? Così ti voglio! Berlusconi bla bla bla e ancora bla? Giustissimo! Va bene, ma poi? Lo sappiamo tutti che razza di farabutto è il Cavaliere Nero, parliamo d’altro per favore. Quali i provvedimenti per far sentire il cittadino più sicuro, quali le proposte economiche per uscire dall’impasse e dalla crisi, quali i suggerimenti per migliorare la qualità di vita del cittadino, per riportare fiducia nelle istituzioni?

Il Nulla. E il Nulla Nulleggia, ricordava giustamente il professor Umberto Eco in passato.

Che rabbia perciò vedere dei partiti che in tempi di crisi dovrebbero compattarsi, dovrebbero raccogliere percentuali altissime di consensi e invece non solo sono votati da quattro gatti, ma hanno pure l’incoscienza di dividersi per il voto utile, per il sogno utile e altre puttanate simili. Per rimanere perciò a casa a girarsi i pollici e a pensare alle rivoluzioni antimperialiste e al prossimo corteo pro Palestina. Non vi siete chiesti perché la Lega e l’Italia dei Valori hanno guadagnato così tanti punti in queste ultime elezioni? Ma perché parlano il linguaggio della gente, perché stanno attenti alle esigenze del Paese: la Lega con toni eccessivi e fuori luogo, fascisti, razzisti e demagogici, Di Pietro con un sano e tutto sommato innocuo populismo di sinistra. E una persona come me e come milioni in Italia, nel caso in cui decidesse follemente di andare a votare non saprebbe più per chi votare. Almeno io non so più per cosa votare da tanto tempo.

Non un partito di destra o di centrodestra, perché estraneo al mio pensiero, alla mia etica e dalla mia prassi. Non il PD, un partito senza anima, senza veemenza e senza futuro che tuttavia – pura statistica – partorisce di tanto in tanto proposte al limite dell’accettabile. Non Di Pietro, che pur facendomi simpatia non riscuote la mia fiducia per certe sue tirate populiste e un antiberlusconismo che alla fine finirà per stancare. Non certo questa sinistra (anche se apprezzo persone concrete come Diliberto), in generale completamente avulsa dal paese reale…

E allora? O crei un partito da te, o non voti, o decidi di votare per opportunismo, o per ideale, o turi il naso e scegli il meno peggio. Oppure si presentano rare occasioni in cui puoi votare per una persona che vale davvero e che ti senti orgoglioso di definire “tuo rappresentante”.

Stavolta ho votato Rosario Crocetta, e, sensazione insolita dopo un'elezione, sono orgoglioso di averlo votato.


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