venerdì 16 dicembre 2005

Coito ergo sum

Mi si perdoni l’insolenza da calembour… Da piccolo ero un cattolico fervente. Andavo a messa, servivo messa, adoravo il catechismo: mi piaceva soprattutto la possibilità di comprendere l’aspetto umano di una figura così controversa come Gesù Cristo. Pregavo con fede genuina. Dopo la morte della madre di una mia compagna di classe avevo pregato per la pace eterna della sua anima, anzi, da quel giorno avevo deciso che avrei pregato per la sorte di tutti i miei conoscenti che sarebbero morti da allora a venire.

Le mie orazioni continuarono per qualche anno, fino a quando l’elenco, testardamente ripetuto ogni sera, si fece lungo. Fin troppo. L’odore della morte aveva sopraffatto quello dell’incenso, e la sua mano fredda e scarna aveva accarezzato per sempre il mio volto. Era morta una persona a me cara. Morte lenta, morte ingiusta: una terrificante lenta agonia che ne aveva sfibrato il fisico e torturato la mente – che non perse mai, oh no! lucidità – presentandogli ogni giorno il conto beffardo di una vita di sacrifici. Se la vita è un dono di Dio, perché se la viene riprendere? Le mie preghiere non erano servite…

Smisi di credere.

Capii che il dolore del mondo non poteva essere generato da una divinità che si diceva “puro amore”, a meno di non pensare che tale divinità fosse bugiarda e dunque maligna. Il dolore mi si presentava dinanzi giorno dopo giorno, mentre Dio – o chi per lui – mi appariva sempre più come una magra e debole consolazione. Abbracciai perciò la bellezza di una vita che ha come termine ultimo la morte, aliena da divinità e spudoratamente meccanicistica: la vita non ha senso alcuno, ma è proprio nella mancanza di un senso e di un fine che dimora la sua bellezza. Vivere la vita, sempre e comunque, e considerare la morte come inevitabile effetto collaterale. Vivere la vita assaporando ogni singolo istante nella certezza della sua provvisorietà, della sua unicità. Vivere la vita nel rispetto della dualità di ogni umano essere (animale ed essere pensante) e battersi contro ogni forma di egoismo e sopruso, contro ogni forma di condizionamento mentale che abbia come scopo la sopraffazione e il dominio sugli altri.

Non credo in alcuna religione. Non credo in nessun partito politico. Credo nel rispetto. Credo nella ricerca del piacere consapevole. Credo nel singolo. Credo nelle piccole azioni quotidiane degli uomini che sconvolgono il Moloch del pensiero unico.

Credo in me stesso.

Forse.

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