martedì 9 gennaio 2007

Viale del tramonto

E’ triste assistere al declino psicologico ed umano di un uomo che ha segnato molte delle lotte civili in Italia dal dopoguerra ad oggi. Un uomo che dovrebbe ormai aver compreso di come la spettacolarizzazione di un evento possa ritorcersi contro la causa che si pretende di difendere. Un uomo che ha perso ormai la credibilità di cui godeva fino a non molti anni prima.

Marco Pannella e il suo "sciopero della fame".

Pannella avrebbe dovuto capire ormai da tempo il senso vero di un atto simile, radicale e drammatico, un atto in cui si considera un’Idea più importante della propria stessa vita e si è disposti a morire per essa. Disposti a morire, appunto. Come Mary Clarke, una suffragette che, all’inizio del secolo scorso, intraprese in carcere lo sciopero della fame e morì insieme ad altre nove detenute per le conseguenze di un’alimentazione forzata. Come i prigionieri politici turchi che lottarono contro l’istituzione di carceri speciali. Come Bobby Sands infine, attivista del Sinn Féin morto il cinque maggio del 1981 dopo sessantacinque giorni di sciopero della fame.

Annunciare uno sciopero della fame con grande battage mediatico e poi farsi ricoverare alle prime avvisaglie di malore svilisce e banalizza una scelta così estrema adottata e seguita fino alla fine – la propria fine – da centinaia di persone nel mondo. Nessuno chiede a Pannella di fare l’eroe o il martire. Ma che almeno abbia la dignità di non strumentalizzare ai propri fini una scelta etica che sente di non riuscire a condividere fino in fondo.

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