venerdì 5 gennaio 2007

Democrazia alle corde






Nella tremenda ipocrisia di chi voglia conquistare un Paese per sfruttarne le risorse ed usarlo come pedina sullo scacchiere della politica internazionale è ormai invalso un concetto ripetuto fino alla noia dai conquistadores di nuovo corso: esportare la democrazia. Sarebbe interessante chiedersi quale razza di democrazia e quali diritti umani si pretenda di esportare quando le teste d’uovo dei conquistatori impongono alla nuova colonia una Costituzione in cui resta in vigore la pena di morte.

I legislatori risponderanno facendo presente la diversità culturale tra i conquistatori e i conquistati, i governatori-fantoccio si appelleranno alla sovranità della propria nazione e al diritto di agire liberamente secondo le proprie leggi, i governati e governatori anzi criticheranno altri paesi per alcuni avvenimenti del loro passato.

Facciamo dei nomi. Ascoltavo qualche giorno fa con interesse e profondo sforzo di comprensione un politologo su Fox News, il canale americano all-news diretto concorrente della CNN. Discutendo sulla liceità dell’esecuzione di Saddam Hussein continuava a sottolineare il diritto all’autodeterminazione dei popoli, l’importanza di un mondo che creda nei medesimi ideali scaturiti dalla Rivoluzione francese e di una concezione di civiltà che deve essere esportata in quei paesi che potrebbero rappresentare un rischio per gli Stati Uniti. Peccato che un simile professorone ignorasse – o fingesse di ignorare – che la democrazia è stata il punto più evoluto della prassi politica occidentale e che prima di arrivare alle conquiste attuali l’Europa in primo luogo e gli Stati Uniti in seguito, di riflesso, hanno vissuto diversi secoli di lotte, rivendicazioni sociali, rivolgimenti e anche guerre civili. Il professorone fingeva di ignorare che l’autodeterminazione dei popoli acquista un senso solo se è davvero il popolo ad organizzare la propria vita secondo la forma di governo più consona alla propria cultura. Il professorone fingeva di ignorare altresì di come non sia del tutto conseguente che la democrazia elettiva rappresenti la migliore forma di governo esistente. Per noi sì, forse, ma questo non deve avere valenza universale.

Subito dopo la prima guerra del Golfo l’Iraq era un paese in rivolta: Saddam controllava solo tre delle diciotto province irachene, il regime poteva essere spazzato via senza sforzo in modo tale che gli iracheni avrebbero potuto riprendere in mano le sorti del proprio paese eppure… la forza multinazionale guidata dagli Stati Uniti non aiuta gli insorti, considera le rivolte un affare interno e anzi autorizza gli elicotteri della Guardia Repubblicana di Saddam a colpire i ribelli sciiti del sud e a sedare la rivolta. Si era ad un passo dalla caduta del regime di Saddam eppure la coalizione internazionale lo aiutò a conservare il potere. Perché? Evidentemente perché un Paese simile sarebbe stato veramente libero ed impossibile da controllare per gli Stati Uniti, evidentemente perché Saddam era un utile spauracchio nella regione, l’unico modo per giustificare gli interessi americani e le spese militari rivolte al Golfo. Sarebbe stata necessaria un’altra guerra imbastita con la scusa ridicola delle armi di distruzione di massa per legare in maniera definitiva l’Iraq del dopo-Saddam agli interessi strategici ed economici degli Stati Uniti. Quello che poi è successo, come sapete: regime fantoccio, l’Iraq bacino petrolifero da sfruttare ed enorme piattaforma strategica su cui schierare le proprie forze in Medioriente.

Un'ultima considerazione infine sulle dichiarazioni piuttosto piccate di Al-Maliki nei confronti dell’Italia. Solo gli imbecilli potrebbero giustificare la fine terribile di Benito Mussolini e la vergogna di piazzale Loreto: eppure non dimentichiamo che in quel caso non esisteva alcuna legge da seguire se non l’arbitrio dei pochi, la voglia di rivalsa, il desiderio tutto animalesco della vendetta su un uomo che aveva oppresso e affossato l’Italia nel ventennio più oscuro della nostra storia. Se Mussolini fosse stato catturato dagli Alleati avrebbe di certo subito un processo e probabilmente sarebbe stato condannato parimenti alla morte: la condanna a morte era un’istituzione adoperata con una certa consuetudine in tutti i paesi allora belligeranti, erano pochissime le voci discordi che la consideravano una pena barbara ed inutile.

Ecco perché non è possibile giustificare le parole di Al-Maliki. Ecco perché non si può giustificare la reintroduzione della pena di morte nella nuova Costituzione irachena e con essa, conseguentemente, l’esecuzione di Saddam: in un mondo che condanna sempre più fermamente la pena di morte sarebbe stato un atto nobile cancellarla dal nuovo ordinamento giuridico iracheno. Lo ribadisco ancora una volta: la condanna a morte di un uomo stabilita dalla legislazione di uno Stato sovrano è pura barbarie. Comprendo la vendetta dettata dall’istinto, non la morte stabilita per legge.

Nessun commento: