giovedì 30 novembre 2006

Catene

Forse qualcuno avrà letto la querelle tra me e Steccus tra i commenti di qualche post precedente a questo. La riassumo brevemente:

Steccus: Per Cuzia: la morale è punirne uno per educarne cento. Non approvo la violenza ma nemmeno la sottomissione. Per Dyotana: vero, a mali estremi estremi rimedi, la Toscana non è la Sicilia, qui la gente non si prostra davanti al delinquentello e non ha paura..

Lunatico: Vai al diavolo Steccus. Con tutto il cuore. Non accetto che qualcuno attacchi la mia terra in maniera così imbecille e deliberata. Non pontificare su questioni che non conosci e soprattutto NON PERMETTERTI di bollare la mia terra e i siciliani con simili paragoni. Almeno non su questo blog.

Steccus: Se la verità ti ha fatto male Marco, sinceramente mi dispiace, ma è brutto e becero offendere qualcuno per giunta sul proprio blog. Sicuramente non ti fa onore. Leggendo ciò che nel tempo hai scritto ti ritengo una persona intelligente e, senza nulla togliere alla meravigliosa terra siciliana, converrai con me che se i siciliani cominciassero ad avere un po' meno paura forse qualcosa si risolverebbe. Il post sul delinquentello che riscuote il pizzo l'hai scritto tu ed hai concluso dicendo "si capisce chi dei due ha vinto". Io ti ho raccontato come le cose vadano diversamente altrove, non sono stato nè becero ne offensivo, ho creduto che tu fossi una voce fuori dal coro ma evidentemente non è così. Stammi bene.

Non per niente mi definisco lunatico... Temo, caro Steccus, che la mia reazione sia stata troppo sanguigna e istintiva, e me ne scuso. Ma credo capirai anche quanto mi faccia male il vociare continuo dei media, della gente e dei luoghi comuni che continuano a crescere e prosperare. Purtroppo per capire certe realtà bisogna viverle quotidianamente, toccare con mano e comprenderle se si vuole cercare di porre argine alle migliaia di contraddizioni che vivono nella mia terra. Non è vero che la gente ha paura del delinquentello: se fossi andato io a chiedere il pizzo probabilmente il bottegaio mi avrebbe preso a colpi di mannaia e poi, terminato il dissezionamento del mio cadavere, avrebbe probabilmente chiamato la polizia. La gente non ha paura del delinquentello. La gente ha paura di tutto ciò che sta dietro al delinquentello. Chiamala malavita, chiamale organizzazioni criminali, chiamala mafia se vuoi.

Un fenomeno complesso, la mafia, una sovrastruttura che organizza e gestisce la semplice criminalità, che la rende sicura nell’identificazione ad una famiglia o ad un mandamento e forte nella certezza dell’impunità. Criminalità nasce quasi sempre dalla povertà, non dimenticarlo mai. E allora questo fenomeno che ancora oggi tiene le fila più sottili del potere siciliano e che affonda le proprie radici – o le nostre catene, se preferisci – nei campieri delle vecchie famiglie latifondiste, potrà essere sconfitto solo se “...lo Stato concederà come diritto ciò che la mafia concede come privilegio”. La frase non è mia, ma del generale Carlo Alberto dalla Chiesa...

Non puoi fare una colpa alla gente se ha paura di un meta-stato più efficiente e forte dello Stato italiano: uno stato che latita e si fa vivo solo per i funerali dei nostri morti. E’ facile parlare da fuori, è facile parlare per me che non ho nulla da perdere. Ma se avessi un’attività commerciale o fossi un imprenditore e la mafia mi chiedesse denaro o un appalto da assegnare agli amici dei suoi amici sarò sincero...Non so in che modo reagirei. Forse denuncerei l’accaduto aspettando uno Stato letargico ed infiacchito o forse, dopo aver trovato una testa di cavallo mozzata sulla mia porta d’ingresso, dopo che la mia auto o il mio locale fossero stati incendiati, forse dopo che fossi stato gambizzato da qualche estremo attentato intimidatorio abbasserei la testa, come tutti gli altri. O cercherei di farmi giustizia da solo: fai da te, oppure rivolgendomi al clan rivale di chi mi sta taglieggiando.

La cosa che odio è vedere accomunata la parte sana della Sicilia con la parte malata. Le nostre strade sono lavate dal sangue dei nostri morti, di quelle persone che hanno creduto fino in fondo alla follia di un cambiamento, di quelle persone che hanno voluto sfidare l’utopia di una vittoria senz’armi. Senza le armi di uno Stato e dei suoi indegni rappresentanti, troppo occupati a spartirsi le poltrone per pensare alla vita e alla dignità di un intero popolo.

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