lunedì 20 novembre 2006

Origami d'attacco

Nel suo viaggio in Asia Giorgino Bush ha ribadito ancora una volta la pericolosità della Corea del Nord auspicando la cessazione di ogni programma nucleare del regime di Kim Jong-il e il rispetto della risoluzione Onu 1718, pena “forti ritorsioni” non meglio specificate. Visto che la Corea del Nord fa parte dell’asse del male comunque non credo si tratterà di un lancio di cioccolatini su Pyongyang. Corea, l’altro cattivone che insieme all’Iran vuole sviluppare una tecnologia nucleare per distruggere il mondo civile e rifiuta la democrazia come fosse la peggiore forma di governo possibile.


Brutto vizio quello degli Stati Uniti. Accusare la gente di possedere armi che non ha voglio dire, e scatenarvi dietro i propri analisti nonché i propri media in modo tale da giustificarne un futuro attacco: liberi confronti ammessi con l’Iraq. Peccato – e per fortuna – che a tutt’oggi, nonostante l’esperimento avvenuto qualche settimana fa, la Corea è ben lontana dalla produzione di missili nucleari. Nemmeno per atto di rappresaglia. La Corea del Nord possiede invece un esercito di un milione e duecentomila uomini, mezzi moderni, centomila soldati ben addestrati nelle unità speciali e uno degli arsenali chimici e biologici più potenti del mondo: otto strutture industriali attive e produttive che realizzano agenti chimici da poter utilizzare in caso di guerra nonché vaste riserve di antrace, colera e peste da spedire in punta di bomba come gradito presente ai propri avversari.

Eppure ci preoccupiamo della minaccia nucleare coreana.

Quello che fingono di non capire gli americani è che la smania di Pyongyang di mostrare al mondo la sua potenza militare è in realtà un segno di debolezza. Se Kim Jong-il gonfia il petto è solo perché si rende conto di quanto sia fragile il suo regime e di come la Cina sia sempre più interessata alla posizione geografica del suo paese, soprattutto agli sbocchi sul mare vicino alla Russia. Uno dei principali obiettivi di Kim Jong-il è pertanto quello di costringere gli Stati Uniti a trattare direttamente con lui senza mediazione dei paesi confinanti: se riesce a sembrare più forte di quanto non sia in realtà riuscirà a rafforzare la sua posizione nei confronti della Cina e a conservare ancora per un poco il suo potere.

D’altro canto gli Stati Uniti, che vista la scusa irachena non dovrebbero attendere un secondo per attaccare un paese come la Corea del Nord del quale si è ampiamente provata la capacità di produrre e conservare armi di distruzioni di massa, hanno accolto come grazia insperata un casus belli da poter usare sfruttando un possibile avallo Onu per le loro azioni. Così Kim Jong-il salverebbe la faccia nonché il culetto ottenendo delle garanzie in funzione anti-cinese e gli Stati Uniti fingerebbero di risolvere con la diplomazia quello che altrimenti (non) avrebbero risolto con un attacco militare. Tutti contenti, a parte la Cina. Che con la sua insaziabile fame di risorse e la spregiudicatezza dei suoi governanti potrebbe essere la causa di molte crisi politiche dei prossimi anni. Non a caso anche il mite Giappone ha dato il via ad un processo di riarmo considerando l’ipotesi inquietante di una tecnologia atomica ad uso militare: una bomba atomica anche per loro insomma, per i figli ed i nipoti di Hiroshima e Nagasaki.

Logica vorrebbe infine che se gli Stati Uniti sono intervenuti in Iraq per sbarazzarsi del regime di Saddam, facessero lo stesso con la dittatura di Kim Jong-il e del suo clan familiare. E se gli Stati Uniti avessero tutto l’interesse per mantenere divise le due Coree? La Corea del Sud è un paese forte e una riunificazione avrebbe l’effetto di indebolire l’intera penisola coreana dando la possibilità alla Cina di approfittarne destabilizzando così l’intera regione e coinvolgendo di fatto gli Stati Uniti in una nuova guerra suicida. Mentre con due paesi distinti e separati si può cercare di mantenere uno strano equilibrio fatto di minacce, giochi di potere e blocchi di forza che finora ha dato stabilità artificiale e un po’ di respiro politico alla regione.

Sempre che Kim Jong-il non decida di giocare al piccolo kamikaze, chiaramente.

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