giovedì 30 novembre 2006

Il Berlusconion di Arcore

E' bello rilassarsi dopo aver affrontato un esame: ecco il motivo della mia assenza da queste pagine! Così, avendo deciso di riposarmi qualche giorno prima di ricominciare a studiare, ho pensato di riordinare la cartella DOCUMENTI del mio computer e vi ho trovato un pezzo di fanta-archeologia che ricordo di aver scritto qualche anno in preda al delirio bacchico. Divertissement e parodia, quando decidi di non prendere troppo sul serio quei pochi neuroni che ancora vagano spaesati per il tuo cervello. Eccolo dunque, il pezzo in questione: tra gli interventi di una conferenza dell'anno 3132....


Il Berlusconion di Arcore e il personaggio Berlusconi tra mito e realtà.

Ringrazio preliminarmente gli organizzatori di questo convegno, il ministro della cultura antica prof. Hilmas al-Kuwarizmi, il Magnifico Rettore della nostra gloriosa Università prof. Salvatore Karatzic ed in special modo il prof. Turi Brasolati per aver deciso di inserire nel programma odierno il mio modestissimo tributo che ben felice mi accingerò a pagare per una maggiore conoscenza critica di un periodo rimasto tra i più oscuri della storia italiana del XXI secolo, periodo ancora oggi avvolto nelle nebbie della leggenda e che ha provocato, e continua ancora oggi, a provocare accesi e violenti dibattiti tra colleghi studiosi di fama internazionale, periodo che certamente dovette essere di grande confusione e di grandi speranze per il popolo della nazione italiana: mi riferisco, cari colleghi, ai primi decenni del XXI secolo, e in special modo agli anni compresi tra il 2001 e il 2020.


Secoli remotissimi, per noi uomini del quarto millennio, che a stento riusciamo a cogliere nella insopprimibile corsa del tempo che fugge, ma tuttavia secoli importantissimi per la comprensione di quel mondo remoto, mondo che appare ancor oggi legato indissolubilmente alla nostra realtà, perché comune rimane il nostro essere uomini, la nostra continua lotta per l’affermazione e la sopravvivenza, perché dunque una luce non sia oscurata da quel mondo lontanissimo e possa esser da garante e guida per i nostri errori: historia magistra vitae dicevano i nostri padri, e dicevano bene.

Per questo motivo, cari colleghi, il mio intervento necessiterebbe di una corretta contestualizzazione per ben comprendere il momento storico trattato, contestualizzazione che purtroppo potrà risolversi solo in alcuni nuclei problematici, analizzati criticamente anche sulla scorta dell’importante rinvenimento da noi effettuato: premesso che si tratta di considerazioni preliminari passibili di variazioni, mi accingerò dunque alla presentazione della nostra campagna di scavo nella regione da noi denominata Padania ridens, e in particolar modo dell’importante insediamento di età berlusconiana della città di Arcore; l’insediamento è stato indagato nell’area di culto, l’unica a non essere stata coperta dagli insediamenti successivi.

L’area venuta alla luce è apparsa subito ai nostri occhi come la più imponente rinvenuta dai tempi in cui il prof. Chiurlo aveva riportato alla vita l’area denominata di Sancti Petri a Roma, area cultuale questa di rito cattolico, ma la nostra si presenta certamente più sfarzosa, meglio conservata, e soprattutto più enigmatica.

Il santuario si presenta all’esterno con una sorta di temenos o muro di cinta di forma perfettamente quadrangolare, sui lati orientale e occidentale le stoai per l’ingresso dei fedeli. Le stoai introducono ad una spianata piuttosto larga e da lì alla via sacra, che si diparte in vie ortogonali secondarie, delle quali sono stati rinvenuti i cippi numerari e parte della pavimentazione in marmo di Carrara. Le vie secondarie, da noi denominate B1, B2, B3 e B4, conducono rispettivamente al boschetto sacro (B1 e B2), alle officine degli ex-voto (B3), alla stipe votiva e ai thesauroi (B4) di cui si parlerà in seguito; la via principale, decorata da una serie di statue riproducenti – forse – le fattezze dei sacerdoti preposti alla cura del santuario, conduce invece al tempio vero e proprio, splendidamente conservato.

Il tempio, imponente nella quadrupla peristasi e nel fregio raffigurante episodi della vita della divinità, presenta un ampio vestibolo con dodici colonne tra le ante che dà poi accesso all’immensa cella del tempio, divisa in tre navate da due file di sei colonne a doppio ordine: in fondo, protetta nell’adyton, la statua crisoelefantina del dio. Ed è a questo punto, cari colleghi, che cominciano le difficoltà d’interpretazione, è qui che l’annoso problema della questione Berlusconi si ripresenta in tutta la sua complessità, ed è qui, forse, che trova la sua definitiva soluzione.

L’enigma Berlusconi è stato ottimamente trattato nel rigoroso saggio del prof. Mohamed Zimmermann Berlusconi: la leggenda, il mito - Leipzig 31224, e in special modo nel nostro saggio Berlusconi e la politica italiana: sogni d’un aedo? - Modica 312913, saggio in cui polemizzavo vivacemente contro quanti consideravano – e considerano tuttora – le testimonianze provenienti dal passato come racconti mitici che nulla potevano avere di vero, essendo la politica qualcosa di serio e non potendo accettare perciò che un imprenditore continuasse ad essere imprenditore e uomo politico allo stesso tempo; pensate che questi esimi colleghi erano arrivati ad affermare che in Italia non esistette mai una classe politica vera e propria e che l’Italia fu un paese fondato sulla televisione e sciaguratamente governato da essa!

Noi invece, anche sulla scorta dei Fragmenta Italicorum Litterarum a cura di Maria Rosa Quadrio, affermavamo con certezza – e il tempo ci avrebbe dato ragione – che non solo Berlusconi era una figura realmente vissuta a cavallo del XX e XXI secolo, ma che anche i vari Bossi, D’Alema, Bertinotti, Fini, Mastella, Rutelli e Buttiglione dovessero essere considerati come importanti figure della politica italiana, non ultima l’inquietante grande vecchio della politica Giulio Andreotti. Difatti le testimonianze antiche erano esplicite a tal riguardo; ricordiamo tra l’altro il pur abbondantemente integrato Bruno Vispo, o Vespo, secondo la lettura degli studiosi, che affermava (F. I. L., frag. 29):

e Silvio Berlusconi l’imprenditore aveva in tal modo vinto le elez[ioni del] 13 maggio 2001, […] riuscendo in tal modo a conquistare per sé e per Forza Italia il go[verno del pae]se, aiutato, pur se indirettamente, dall’avversario di Rifon[dazione Com]unista Fausto Bertinotti mentre […] Rutelli […] a bocca asciutta.

Come dimenticare poi la Paries Capitolina, mirabile affresco coevo di autore ignoto in cui si affermava – secondo la lettura di Guido Strabico, in Quaderni di corrispondenza archeologica, Roma, III: Berluska bast[one d’I]talia, figlio di pu[rezz]a, Berluska mer[aviglia] infa[nte], inno alla prosperità del nuovo governo e che aveva portato all’equivoco il Marinone, facendogli dichiarare con sicumera che Berluska era il nome di un re – e non invece l’affettuoso nomignolo di un affezionato elettore – che aveva preso il potere con la forza?

Ricorderemo infine la testimonianza di un noto periegeta del tempo, Ivo (o Indro?) Montinelli, il quale, raccontando tra l’altro l’organizzazione del partito, l’iconografia preferita da essi e da Berlusconi, ne aveva descritto il santuario edificato ad Arcore con ricchezza di particolari per noi preziosissimi:

(F. I. L., frag. 137) …baluardo del partito era poi una bandiera avente gli stessi colori di quella italiana, con sopra scritto Forza Italia… e (F. I. L., frag. 142 passim) … così Silvio Berlusconi, a cui tutto andava bene, fece edificare nella sua terra un santuario a lui dedicato, il cosiddetto Berlusconion di Arcore, luogo in cui i devoti e fedeli elettori avrebbero potuto libare in favore di quello, pregare, e chiedere una grazia di fronte alla statua crisoelefantina del presidente eroizzato, rappresentato giovane, in giacca e cravatta, dal cranio ben lucido e dal sorriso splendidissimo d’avorio, con le mani alzate, quasi a voler abbracciare la moltitudine d’italiani… il fregio, raffigurante eventi della giovinezza del dio: Berlusconi che cantava sulle navi da crociera per pagarsi gli studi, Berlusconi che passava i temi ai compagni intellettualmente meno dotati, Berlusconi imprenditore… i fedeli potevano libare al boschetto sacro in compagnia di cavalli, cigni e lama che gioiosamente strepitavano all’epifania della divinità mentre bandiere sventolavano libere… o comprare ex-voto da depositare poi nella stipe votiva o nei thesaoroi, o libri sulla vita e sulle aspirazioni della divinità e del suo partito, o bandiere di Forza Italia… famosi nei tempi l’agalma di Emilio Fede, un kouros che leggeva le notizie del telegiornale, e l’agalma di Fedele Confalonieri, un kouros che teneva sottobraccio, sorridente, un televisore…

Ed è con vivo piacere, cari colleghi, che possiamo affermare la coincidenza dei frammenti montinelliani con lo scavo da noi effettuato: davvero ogni elemento corrisponde precisamente. Prima tra tutti la statua crisoelefantina del dio, d’altezza maggiore al vero (3,05 metri) in veste ufficiale, incedente e raffigurato così come ci dice Montinelli – il fatto che la divinità fosse stata rappresentata in maniera giovanile non deve sorprendere, talvolta le iconografie si cristallizzavano e gli artisti non volevano abbandonare tecniche ben consolidate –; il fregio – la cui analisi rimando alla pubblicazione degli atti -; il boschetto, in cui sono stati ritrovati i pennoni delle bandiere e le ossa di alcuni lama; le officine di ex-voto, in cui sono stati rinvenuti centinaia di frammenti cartacei che ben riassumono l’ideologia del partito e le iconografie più amate nonché la vita del dio, frammenti che certamente chiariranno con dovizia di particolari i lati ancora oscuri della vicenda, primo fra tutti il motivo per cui Berlusconi era stato divinizzato e non ultimo, sapere fino a che punto riuscì a realizzare l’ambizioso programma presentato in questi frammenti.

Gli agalmata, rinvenuti entrambi nel thesauros di Mediaset, meriterebbero un discorso più approfondito, impossibile in questa sede – e anche in questo caso si rimanda agli atti. Basti qui dire che il kouros di Fede, in marmo delle Madonie, è rappresentato stante, in giacca e cravatta, con le mani nell’atto di stringere verosimilmente un foglio di carta – in bronzo, non rinvenuto –, che il kouros di Confalonieri, in marmo del Resegone, è raffigurato incedente mentre stringe un televisore e che entrambi accompagnano un terzo kouros, non menzionato da Montinelli, rappresentato incedente, con una strana acconciatura –o un elmo?- che regge un paio di occhiali in mano mentre sotto, una base circolare con graffiti alcuni numeri in sequenza – una patera? – e l’iscrizione del dedicante: “Mike mi dedicò al dio operaio imprenditore presidente”; che sia l’ex-voto di una leggendaria figura della televisione italiana, di un personaggio considerato mitologico e invece realmente esistito, il centauro – metà uomo, metà quiz – Mike Bongiorno?

Ipotesi affascinante, ma ritengo sia ancora troppo presto per considerazioni così specifiche: il rinvenimento del Berlusconion di Arcore impegnerà ancora per molto tempo i nostri studi, e non nascondo un certo timore per la mole degli oggetti da catalogare, studiare, analizzare criticamente, prima di arrivare ad una monografia e ad una conoscenza definitiva. Dovremo impiegare tutte le nostre forze intellettuali per raggiungere l’intento, superare noi stessi: arriveremo stremati alla meta, è vero, ma sarà stata ben poca fatica se avremo potuto lasciare ai posteri i risultati della nostra ricerca e se saremo riusciti a dare una risposta definitiva all’enigma che ci tormenta ormai da tempo, enigma che – spero – riceverà da noi una risposta appropriata, enigma che fino ad oggi però, rimane sostanzialmente tale, e cioè: chi era Berlusconi?

Prof. Anastasio Amedeo Spizzichino de’ Cavaletto, ordinario di Archeologia del secondo e terzo millennio all’Università di Orbis Tertius.

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