venerdì 30 giugno 2006

Lanormalità

Mercoledì scorso sono stato invitato dagli amici UAAR al Gay Pride di Catania. A supporto della manifestazione, a testimoniare un sistema di pensiero alieno da ogni forma discriminante e anche, inutile negarlo, per cercare nuovi “adepti” o simpatizzanti e far crescere così l’associazione. Pur non aderendo all’UAAR e pur non essendo del tutto ateo partecipo spesso e volentieri alle riunioni del gruppo e appoggio con entusiasmo le loro iniziative: con buona pace di Falstaff l’eresiarca che, cinta d’assedio la mia ritrosia a qualunque forma di tessera, spera di riuscire un giorno ad avermi tra i membri dell’associazione…

Ma torniamo al Gay pride. Quel giorno non ero a Catania e perciò sono stato costretto a rinunciare. Eppure non sono certo che anche se fossi stato in sede avrei partecipato: in generale non amo le manifestazioni di massa, soprattutto non amo questo genere di manifestazioni. Quale il senso dei carri allegorici, delle sfilate, degli striscioni e degli slogan? Quale la ragione dell’orgoglio? È questo il problema maggiore. Il sentirsi speciali. È vero che la società italiana basa per lo più la propria morale su quella cattolica e mi rendo perfettamente conto di quante gravi incomprensioni, dei problemi, della stupida e gretta emarginazione di cui molti omosessuali sono oggetto. Ma vedete, io non sono uno di quelli che tollera gli omosessuali. No, non riesco proprio a tollerarli.

Perché tollerare è un verbo terribile che sa tanto di saccenza ed ipocrisia: come se si fosse certi del proprio status di essere umano e, in ragione della propria superiorità statistica, si decidesse di concedere la possibilità d’esistenza a strambi individui dalle abitudini poco ortodosse, come se si dicesse “non riesco proprio a comprenderli, anzi a dirla tutta mi fanno un po’ schifo, ma siccome mi hanno insegnato che bisogna essere liberali, visto che ci sono, me ne faccio una ragione…”. È una società idiota quella che da una parte afferma la libertà d’azione e di coscienza dell’individuo e dall’altra continua a sorvegliare, emendare, giudicare e punire. In una società simile le provocazioni fini a se stesse hanno un valore limitato: possono strappare qualche sorriso o qualche commento indignato ma non contribuiranno certamente a migliorare la considerazione di chi è adagiato nella certezza della propria normalità sessuale. Anzi. Il frocio rimarrà frocio, la lesbica rimarrà lesbica.

Capirete dunque perché consideri controproducenti manifestazioni così frivole come il Gay Pride. Alimentano l’auto-ghettizzazione, fanno pensare agli altri che davvero chi sta sfilando sia diverso: mentre non c’è proprio nulla di speciale nell’essere omosessuali. Le cose cominceranno a cambiare davvero quando la comunità omo smetterà per prima di sentirsi diversa dal resto del mondo e considererà i propri gusti sessuali una semplice caratteristica della personalità senza ridicole ostentazioni. Un mancino non è additato dalla comunità in cui vive come un essere repellente, non si sente più diverso degli altri e sono certo che non organizzerebbe mai la Giornata Mondiale della Consapevolezza Mancina. Scrive con la mano sinistra, punto. Per il resto è una persona normale come tutte le altre. Così come un omosessuale: ama una persona del suo stesso sesso, punto. Per il resto è uguale a tutti gli altri. Potete uscire insieme, sbronzarvi insieme, vedere una partita insieme, andare a mare o che ne so? semplicemente parlare, magari anche litigare e insultarlo ma non perché gay o lesbica, solo perché rompicoglioni… La crescita culturale di una società passa anche attraverso le piccole azioni quotidiane dei singoli. Non sempre un corteo è necessario.

Ah, io sono eterosessuale. Ma non credo che questo aggiunga o tolga qualcosa all’economia del nostro discorso.

Nessun commento: