lunedì 26 giugno 2006

Heroa

Un uomo sceglie il proprio lavoro. Lontano da casa, clima inospitale, turni massacranti, la morte sempre in agguato. Alla fine della propria giornata si addormenta sognando la famiglia, la ragazza, la moglie o i figli che ha lasciato in Italia, confortato dal pensiero che il proprio sacrificio quotidiano servirà a fargli guadagnare velocemente il denaro necessario per trascorrere una vita serena. Quest'uomo muore. Ucciso in azione. Partecipare alle missioni di cosiddetto peacekeeping nelle zone più turbolente del mondo rende, si sa, ma tutti i lavori pericolosi hanno da possibile contraltare un ferimento invalidante o anche la morte. La salma ritorna in patria: cordoglio nazionale, la solita bandiera sul feretro, i media che continuano a riprendere familiari distrutti dal dolore e a registrare le opinioni di amici e conoscenti che definiscono eroe il caduto, la solita medaglia di latta, i soliti discorsetti, le solite polemiche.

Un uomo sceglie il proprio lavoro. Turni massacranti, pochi diritti, misure di sicurezza aleatorie, non troppo lontano da casa ma abbastanza da obbligarlo ad una vita da pendolare. Decide di abbandonare la cucina di una rosticceria per un posto da carpentiere: operaio specializzato, se gli va bene potrà guadagnare anche 100 – 150 euro al giorno. Un’autostrada in costruzione. Si gioca al ribasso, golosi appalti pubblici, si ha il sospetto che gli amici e gli amici degli amici si siano accaparrati ogni cosa lasciando le briciole alle aziende oneste… Crolla la piattaforma su cui quell’uomo sta lavorando: quattordici feriti, l’uomo muore. È il suo terzo giorno di lavoro. Cordoglio del mondo politico, qualche riga dai sindacati, prima notizia di cronaca sui principali media. Rimpallo di responsabilità, soliti discorsetti, solite polemiche.

Destino diverso.

Il primo un eroe, il secondo una vittima… Perché? Quale differenza corre tra due morti sul lavoro, forse il secondo è meno eroe del primo perché non ha voluto imbracciare un fucile per guadagnarsi da vivere? Eppure sono centinaia ogni anno gli incidenti mortali sul lavoro: di quelli non ne parla mai nessuno. Forse perché nella maggior parte dei casi sono solo dei poveracci che lavorano (spesso) in nero e si accontentano di poche centinaia di euro pur di campare? Forse perché non gonfiano il petto di uno stupido orgoglio nazionale o non spostano consensi elettorali? Forse perché qualcuno pensa che l’operaio meriti meno rispetto di un soldato? Forse davvero i morti non sono tutti uguali.

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