mercoledì 1 aprile 2009

Mal d'Africa

Giuro, non sono stato corrotto dall'Osservatore Romano. Nessun membro dei Servizi Sagrati mi ha contattato in privato proponendomi un equo scambio: idee clericalmente ineccepibili versus riappropriamento della mia anima, già inserita d’ufficio nel gregge dei porcellini di Epicuro. Se non mi unisco al coro delle proteste contro le dichiarazioni di papa Ratzinger su Aids e preservativi è ancora una volta per onestà intellettuale. Concetto abusato, talora trito e ritrito. Non vi sembri contrito tuttavia: si tratta solo di comprendere il senso delle parole del pupetto bianco e solo dopo di pontificare sul reale significato delle sue dichiarazioni.

Ecco dunque le parole esatte del Papa: “Penso che la realtà più efficiente, più presente e più forte nella lotta contro Aids sia proprio la Chiesa cattolica con le sue strutture, i suoi movimenti e comunità. Penso a Sant’Egidio che fa tanto nella lotta contro l’Aids, ai camilliani, alle suore a disposizione dei malati. Non si può superare il problema dell’Aids solo con i soldi, che pure sono necessari, se non c’è anima che sa applicare un aiuto. E non si può superare questo dramma con la distribuzione di preservativi, che al contrario aumentano il problema. La soluzione può essere duplice, l’umanizzazione della sessualità e una vera amicizia verso le persone sofferenti, la disponibilità anche con sacrifici personali ad essere con i sofferenti. Questa è la nostra duplice forza: rinnovare l’uomo interiormente, dargli forza spirituale e umana per avere un comportamento giusto e insieme la capacità di soffrire con i sofferenti nelle situazioni di prova. Mi sembra la giusta risposta che la Chiesa dà, un contributo importante”.

Questo è quanto.

È indiscutibile l’affermazione del Papa: la distribuzione dei preservativi non sconfigge l’Aids ma ne aumenta il problema. L’ha detto, e su questo non ci piove. Il problema di Benedetto XVI credo però sia comune non tanto ai cattolici, quanto a molti intellettuali in genere: parlo della lontananza dalla realtà, parlo della pragmaticità che manca a molti intellettuali abituati a fini esercizi retorici ma incapaci di agire concretamente. Papa Ratzinger voleva dire in realtà – con parole sbagliate – che l'incentivo all'utilizzo del preservativo rafforza l'idea che il sesso sia un semplice strumento di piacere, svincolandolo dall'importanza etica che invece dovrebbe avere. La procreazione, almeno nella dottrina cattolica, o più in generale nell’idealità laica, agnostica e perché no, anche atea, un rapporto fisico tra due persone volto al piacere reciproco: ma che questo avvenga nel profondo rispetto del corpo e dell'anima di chi ci sta accanto.

Ecco, io credo, qual era il senso delle parole del Papa. Nazinger ha parlato attraverso la dottrina proponendo una soluzione a lungo termine ma dimenticando il problema immediato, vale a dire la catastrofica emergenza sanitaria che impedisce all'Africa di rialzarsi. Il vecchietto teutonico non ha compreso, da fine intellettuale qual è definito, i risvolti negativi che una frase quale “i preservativi aumentano il problema dell’Aids” potrebbe avere tra i credenti. Un errore di percezione, una comunicazione pericolosamente monca. Perché non tutti avranno ascoltato o letto per intero il discorso dell'omino bianco, perché non tutti avranno capito la sottigliezza del suo ragionamento, perché una dichiarazione arzigogolata verrà ridotta e banalizzata, per forza di cose, a concetti semplici. In buona o in cattiva fede. E allora passerà la considerazione più ovvia, viste le premesse: se il preservativo aumenta il problema dell'Aids allora non bisogna usare il preservativo. Condannando alla malattia se non a morte milioni di persone. Un personaggio pubblico, il sovrano di uno Stato straniero, il capo della Chiesa cattolica e l'autorità morale per eccellenza dei cristiani non può permettersi tali leggerezze.

Perché è un dato di fatto che i profilattici sono uno strumento indispensabile per contrastare la diffusione delle malattie veneree.

Certo ha ragione anche il pastore tedesco quando afferma che il problema reale del continente nero è un altro: quello delle cure mediche, il diritto alla salute che purtroppo in Africa è un diritto negato. L’uso del preservativo,
è bene ripeterlo, rimane indispensabile, ma da solo non può bastare. A questo si dovrebbero affiancare le cure, che dovrebbero essere accessibili a tutti, gratuite, in barba alle logiche perverse delle multinazionali che producono e brevettano farmaci. Infine, la prevenzione e soprattutto una maggiore conoscenza dei meccanismi di contagio da parte delle persone. Solo così si potrà cominciare a fronteggiare il problema, in Africa e nel resto del mondo: altrimenti è solo uno sproloquiare su aria fritta che non risolve niente. A parte qualche titolone scandalizzato sui giornali, si capisce.

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