venerdì 7 aprile 2006

Tira una brutta aria

Ho rivisto per l’ennesima volta l’angosciante conferenza stampa delle 12.30 di ieri tenuta da Silvio Berlusconi a Palazzo Chigi.

Non riesco a crederci.

Lunedì pomeriggio finirà finalmente lo scempio della campagna elettorale più stupida, violenta e volgare che l’Italia ricordi. Eppure sono preoccupato. Sarà paranoia la mia, ma sono preoccupato. In questi giorni non faccio altro che ascoltare discorsi infiammati per le strade, nelle piazze, sui mezzi di trasporto, nelle università, nei bar, financo nella fila per pagare le bollette alla posta. Anche al supermercato o dal macellaio. Ovunque scontri verbali, contumelie, accuse reciproche di malgoverno e di malcostume politico.

Ma qui non si tratta delle solite discussioni da barbiere, di quei dialoghi sui minimi sistemi che si intrattengono solo per tirare un po’ la giornata ma che si concludono quasi sempre con il sorriso sulle labbra… C’è odio negli occhi della gente, un odio che non avevo mai visto. Un paese che mai è stato così diviso. C’è qualcosa di marcio che ha aggredito da tempo gli italiani e che risiede nelle cellule incancrenite della radicalizzazione dello scontro politico. Il confronto non è più tra coalizione di governo e coalizione d’opposizione. Lo scontro ormai è tra berlusconiani e antiberlusconiani: un uomo solo al centro del dibattito politico. Da una parte una coalizione che sembra avere ormai un unico scopo – distruggere la figura di Berlusconi –, dall’altra una coalizione che invece sembra adorare Berlusconi come un dio e che è disposta a lottare, a difendere e forse anche a morire per il leader. È il leader l’unico attuale soggetto politico italiano. Il padre della patria. Il difensore delle “libertà” e della democrazia. Il demagogo.

“…è assurdo che […] ci siano dei funzionari, dei dipendenti, degli impiegati dello Stato pagati coi soldi dei cittadini che tramino, che tramino, che tramino contro il presidente del Consiglio che lavora per tutti gli italiani… è un’infamità ed è un’infamità che si usino questi mezzi per convincere dei cittadini a scegliere un altro voto durante la campagna elettorale. Questo voglio portare a conoscenza di tutti i cittadini italiani perché riflettano sul futuro che si preparerebbe se queste forze che in combina assoluta con questi indegni magistrati potessero prendere, oltre al potere che hanno già nei gangli principali della società, potessero prendere anche la maggioranza nel parlamento e avessero una concentrazione di potere anche col governo del paese. È una denuncia che faccio indignato nel profondo e convinto a continuare in questa battaglia di libertà per me, per i miei figli, per la mia famiglia, per i miei collaboratori, per tutti i cittadini italiani, per quelle donne e uomini liberi che vogliono restare liberi e vivere in un paese libero e in una piena democrazia”. Questo è uno stralcio della conferenza stampa di ieri. Un elemento abnorme, un cuneo cacciato a forza tra le pagine della comune dialettica politica democratica, uno scellerato attacco da parte di una delle più importanti figure istituzionali nei confronti dell’opposizione che si sta presentando alle elezioni, un proclama delirante che ha il sapore della fatwa più che dell’ammonimento. L’Italia non è un paese caduto nella guerra civile, per carità, ma è come se si stesse combattendo una sfiancante guerra fredda tra destra e sinistra del paese (parlo della gente, non solo dei partiti politici) in cui ciascuna delle due parti tira sempre più in alto, aggiunge un’altra fascina per alimentare il rogo dell’odio, e un’altra, e un’altra, e poi un’altra ancora… Non riesco a staccarmi da quel video, lo vedo e lo rivedo in continuazione. E ogni volta mi sale un brivido lungo la schiena. Le parole di Berlusconi, quelle parole hanno qualcosa di sinistramente familiare… Poi ricordo.

Il primo discorso alla nazione di Augusto Pinochet, comandante del colpo di Stato che rovesciò il presidente del Cile Salvador Allende, eletto attraverso libere elezioni.

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