sabato 29 aprile 2006

Tenetemi fermo

Vittorio Sgarbi, indegno rappresentante del genere umano, ha ufficialmente rinunciato alla sua candidatura a fianco di Cuffaro: inutile dire che candidare Sgarbi in Sicilia sarebbe stato come proporre Ficarra e Picone alla presidenza della Camera e del Senato. Sembra tuttavia che il critico d’arte contribuirà – in tempi e modi da stabilire – alla campagna elettorale di Cuffaro. Un uomo certamente indispensabile per Totò vasa vasa e per la Sicilia tutta, in special modo per le sue inaspettate virtù divinatorie. Un grande medium.

Un uomo capace di calpestare anche la dignità dei morti usandone il ricordo come schermo e sfruttando bassamente una forza morale che lui, misero incazzoso tapino frangettato, non potrà mai nemmeno comprendere. Non esistono parole né conati per esprimere lo sdegno che l’ultima balordata di un farnetico come Sgarbi ha provocato in me. “Se Borsellino fosse vivo non avrebbe appoggiato la sinistra ma avrebbe votato Cuffaro”. Sì, avete capito bene.

Quel Borsellino.

Paolo Borsellino, giudice del pool di Palermo ucciso barbaramente dalla mafia. Mi fa schifo la simile strumentalizzazione di un morto. Soprattutto di un morto per mafia. Soprattutto da parte di un imbecille egocentrico come Vittorio Sgarbi. Soprattutto da chi non conosce una realtà complessa come la Sicilia e si permette di sindacare come fosse Dio in terra. Soprattutto per appoggiare la candidatura di un uomo già ampiamente compromesso come Cuffaro.

Nessuno si può permettere di infangare la memoria di un grande uomo candidandolo d’ufficio per uno schieramento piuttosto che per un altro. Il sacrificio di Borsellino e di eroi come lui è un infame patrimonio che va difeso a tutti i costi, infame perché patrimonio di sangue e di ferite cosparse di sale: il sacrificio di un eroe. E non ho timore se uso una parola fin troppo grondante di retorica – ecco come muore un siciliano verrebbe da dire. Eroe è chi, potendo scegliere, sceglie la strada più difficile, il destino più amaro per la folle speranza di un futuro diverso se non migliore. Borsellino, Falcone, Livatino, Dalla Chiesa e tanti altri uomini e donne come loro non cercavano la fama, la copertina di qualche rotocalco per casalinghe annoiate, la gloria. Era solo la fede nella giustizia e nella legge che ogni giusto custodisce nel proprio cuore, non la fede in un partito. E Paolo Borsellino era certamente un giusto.

Un giusto che sudici buffoni come Sgarbi non dovrebbero permettersi nemmeno di sfiorare con il pensiero.. ..

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