lunedì 18 marzo 2013

Bergoglio e pregiudizio

Sempre mi turba, e mai riesco a farmene una ragione, la facilità con cui la razza umana sostituisce nel breve volgere di un battere di ciglia i propri idoli. Terreni, metafisici, palesi o immaginari. Amati e adorati, insostituibili fino a poco tempo prima e tuttavia dimenticati e presto cancellati dal nuovo che avanza senza che alcun senso di colpa emerga nell’animo di ciascuno per una simile, repentina mutevole affezione. Sic transit gloria mundi. Così, messo rapidamente da parte l’algido pastore tedesco, il raffinato intellettuale e il topo da biblioteca incapace di sentire il contatto con l’uomo comune che mai era piaciuto davvero alla base dei fedeli, ecco arrivare il miglior Papa che il marketing cattolico poteva creare di questi tempi. Papa Francesco I.

Papa Ciccio.

Aveva ragione Ratzinger quando diceva di lasciare per il bene della sua Chiesa. Le reticenze sugli scandali interni, l’abisso esistente fra le gerarchie e la base, l’incapacità di comprendere il dolore degli ultimi rinchiusi nelle torri d’avorio di ricchezze plurisecolari e, non ultima, l’ossessione reazionaria per una morale sessuale gretta ed ipocrita ha determinato negli anni una continua emorragia di seguaci, sempre più lontani da una religione nella quale non riuscivano più a rispecchiare la loro fede. L’elezione del Papa tedesco al soglio pontificio era stata l’ennesima dimostrazione della mancata intelligenza del mondo da parte della Chiesa, certi che ancora bastasse un fine pensatore per reggere le sorti dell’ultima monarchia assoluta e dei suoi fedeli che con il trascorrere del tempo sono diventati sempre meno fedeli. Abbiamo sorriso alla buona volontà di Ratzinger, un po’ goffa a dire il vero, di apparire moderno destreggiandosi tra nuovi media, Twitter e tablet quando il suo disagio era pari a quello provato da un suonatore di ottavino in un gruppo di death metal. Ratzinger è stato un Papa tradizionale nella forma e nella sostanza, del tutto inadatto ai tempi. Si provava quasi tenerezza nel vedere un povero vecchietto con le scarpette rosse costretto a ridurre le sue complesse meditazioni ontologiche a tweet da 140 caratteri. Schiacciato da un grande comunicatore come Wojtyła è apparso sin da subito come la figura meno adeguata per sostenere lo scontro con la società moderna. Un Papa da assedio magari, capace di reggere l’urto con una buona squadra di armigeri e bombarde arroccato nel suo castello ideologico. Ma se la resistenza all’assedio è l’ultima forma di difesa, la più estrema e la più coraggiosa prima della capitolazione, l’unica mossa possibile per la sopravvivenza è quella del contrattacco. Nuovo comandante. Armi più affilate. Nuovi campi di battaglia.

Davvero Ratzinger ha abdicato per il bene della sua Chiesa. Ed ecco arrivare a sostituirlo, proprio dalla fine del mondo, un nuovo grande comunicatore come Papa Francesco I. Papa Ciccio. Pieno di acciacchi nel corpo ma giovane nello spirito, grazie alla sua fine intelligenza loiolesca è riuscito sin da subito a costruirsi l’immagine seducente di un Papa semplice e modesto che auspica un ritorno alla Chiesa delle origini. Un Papa antika$ta quasi. Il Papa della crisi dei tempi, che scende di un gradino (ma solo di un gradino) per mostrare ai cattolici la faccia rassicurante di un uomo che non teme la complessità del mondo ma che anzi vuole viverla accanto ai propri fedeli. A poco sono servite le insinuazioni avanzate da più di un giornalista che lo volevano in qualche modo coinvolto nella feroce dittatura di Videla: l’immagine del novello “Papa buono” era già passata ed assimilata nell’immaginario collettivo cattolico, e forse non solo cattolico. Difficile potersi costruire un’opinione in merito senza avere testimonianze dirette. Certo è che in una dittatura gli eroi non nascono ogni giorno ed è sin troppo facile giudicare per chi non l’ha mai provata sulla propria pelle. Certo è che se Bergoglio avesse contrastato in maniera esplicita il regime probabilmente non sarebbe diventato Papa. Anzi, quasi certamente non sarebbe nemmeno vivo.

Non voglio avere pregiudizi sulla buona fede del nuovo Papa e dei suoi atti. Magari è davvero sincero quando dice di volere una Chiesa dei poveri, per i poveri. Spero si tratti davvero di un nuovo corso per la Chiesa cattolica affinché possa prendere coscienza degli errori del passato e delle sue stridenti contraddizioni per tornare ad essere nuovamente un punto di riferimento e di conforto per i propri fedeli. Lo dico sinceramente, e lo dico da non credente. Permettetemi di pensare però che un gesuita che si abbiglia da francescano mi ricorda un poco il lupo che si traveste da nonna per fregare Cappuccetto Rosso… Ma spero di sbagliarmi, spero proprio di sbagliarmi.

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