sabato 14 gennaio 2012

Forconi, gattopardi e sciacalli

Rivoluzione, non mi piace la parola. Pur affascinato da esplosioni di vitalità giacobina che della storia hanno cambiato il corso guardo sempre con sospetto quanti abusano di questo termine. Sorrido piuttosto alla rivolta contro l'assurdo che non invoca ragioni, la solidarietà umana dei senza parole che regala dignità a ciascuno. Abbraccio, infine, le palingenesi che cauterizzano le piaghe di un mondo sbagliato e riportano l'organismo sociale a nuova vita. Migliore e diversa, meditata nuova vita.


Non mi fido del “Movimento dei Forconi”. Non mi fido di ciò che è diventato. Troppo a lungo abbiamo sperato che esplodesse la rivolta del nostro popolo, ignavo e turbolento, teorico della rivoluzione più infuocata ma pratico, talora, della sottomissione compiacente come pochi. Siamo capaci di grandiose rivolte, da quando cacciammo Verre dalla nostra terra fino ai missili Cruise passando attraverso i Vespri sanguinosi, le riappropriazioni contadine e i non si parte dell'indimenticata Maria Occhipinti.


Siamo un popolo ostinato. Come le radici del carrubo che spaccano la pietra vincendo un terreno aspro e maligno così noi. I siciliani. Il giudice che si incaponisce per un principio di giustizia pagando il prezzo più alto per i suoi ideali. Il piccolo imprenditore che non cede ai vili ricatti dei mafiosi senza onore. L'uomo di cultura vicino al sentire di chi lo circonda e capace di uscire dalla scintillante torre d'avorio che si è costruito. L'operaio vessato da un perfido sistema economico che chiede solo di poter lavorare. Il politico onesto in grado di tradurre le esigenze del suo popolo in proposte di sviluppo per la collettività. Il professionista che aiuta e non opprime. Il contadino che rifiuta le logiche di mercato devote ad un prodotto senza sapore e senz'anima. È questa la Sicilia che amo e che difenderò sempre con passione.


Odio, invece, i populismi che fanno leva sui facili sentimenti. Giustificati sentimenti. Ma cosa accadrà quando le pale spaleranno la cenere del rogo liberatorio al quale ognuno dei forconi avrà portato qualche fascina? Senza una visione politica, senza un progetto comune. Accadrà quello che è sempre accaduto dopo ogni rivoluzione, anche tra quelle più arrabbiate.


Quanti tra i Forconi che si agitano per aria appartengono ai vecchi gattopardi della piccola e grande imprenditoria siciliana che per decenni hanno percepito contributi a pioggia rifiutando ogni forma di consociativismo e di innovazione in nome della propria avidità? Quanti tra loro hanno supportato una classe politica allevata sul voto di scambio che ha trasformato la vitalità, l'iniziativa e la fantasia del nostro popolo in accattonaggio e perverso assistenzialismo? E quanti tra loro, pur potendo scegliere, hanno preferito la raccomandazione e la mafia, il profitto e l'egoismo sputando in faccia con arroganza alla società dei giusti? Quanti fra questi, gattopardi affamati che vedono diminuire le possibilità di pasto ai danni della collettività ma a proprio beneficio, si sono trasformati in forconi adirati, in sciacalli furiosi?


Esiste il ravvedimento, vero. Mi piacerebbe vedere allora i gattopardi di un tempo fraternizzare con i rivoltosi di oggi e fare sincera ammenda degli errori del passato. Mi piacerebbe che i forconi riuscissero a cacciare via gli sciacalli che cercheranno di convogliare le energie fresche di un movimento ingenuo e affascinante per proprio tornaconto.


Accadrà? Non accadrà. Perché le rivoluzioni le fanno i borghesi e a tutti gli altri arrabbiati toccherà ancora una volta svolgere il ruolo di una illusa pedina, ben contenta di rientrare nei ranghi di un popolo mendico e piagnucoloso, incapace di prendere davvero in mano le magnifiche sorti subalterne e progressive.

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