mercoledì 15 dicembre 2010

Destri presagi


Al pari del Führerbunker. Come il delirio di Hitler in una Berlino in fiamme salutava l'esercito di vecchi e ragazzini che avrebbe dovuto spezzare le reni ai nemici del Reich così oggi, in una Roma sotto assedio, la maggioranza in Parlamento ha festeggiato l'accanimento terapeutico per un cadavere politico. Berlusconi ha vinto, ha vinto ancora una volta. Tre voti di maggioranza ed è tutto da rifare. Calciomercato, campagna acquisti, compravendita, mercato delle vacche alcune delle pittoresche definizioni che hanno caratterizzato la massiccia opera di convincimento usata dal Cavaliere Nero e dai suoi accoliti più destri. Corruzione. Si accusano i transfughi delle opposizioni che hanno votato per la maggioranza di essere stati corrotti al fine di votare la fiducia. Proteste e "accuse rispedite al mittente", querele e controquerele perché nessuno avrebbe dato mazzette per acquistare la fiducia nei confronti di questo governo. Ma quale forma assume oggi la corruzione, quale la sua immagine, quali i colori? La "mazzetta" allungata al burocrate disonesto che ha accompagnato amorevolmente la storia politica del nostro Paese acquista ormai una sfumatura naif che intenerisce, come il buon sapore del pane fatto in casa. Promettere incarichi di governo, alimentare speranze di successione, garantire avanzamenti di carriera politica, gestire favori amministrativi, colmare vuoti, onorare debiti, saldare mutui, pagare puttane sono tutte declinazioni di una sola parola. Con buona pace di "onorevoli" quali Stracquadanio che ricordano come simili spregevoli operazioni non costituiscano reato. Acquistare consensi o "acquistare" consensi? Che bella lingua l'italiano. Tralasciando il trionfo in termini d'immagine - gli italiani continueranno ad amare Berlusconi perché si riconoscono in lui e nel prototipo del furfante italiano che rappresenta - il Presidente del Consiglio incassa una importantissima vittoria tattica mettendo Fini alle corde e con esso il fantomatico Terzo Polo: se non è knock out poco ci manca. Ottenuta la maggioranza assoluta Berlusconi e i suoi seguaci cercheranno inevitabilmente di allargare la base del consenso scompaginando le file delle opposizioni secondo il principio sempre valido del divide et impera e tenteranno di lusingare gli ex alleati e gli scontenti nei modi più fantasiosi, dalle proposte di legge ad hoc (aspettiamoci interessati riavvicinamenti al voto cattolico) fino al trans d'alto bordo. Berlusconi ha vinto ancora una volta.

Berlusconi ha perso. Nel 2008 Il Pdl vinceva la competizione elettorale portando in Parlamento una coalizione solida e una maggioranza granitica (anche per effetto della legge "Porcellum"). Se oggi la destra berlusconiana ha retto allo scontro in Senato perdendo solo sei seggi rispetto al 2008 disastrosa è stata la débâcle alla Camera con ventisei seggi in meno. Tre voti di maggioranza significano un Parlamento ingovernabile, un Paese in preda al caos con le opposizioni che porranno veti strutturali e strumentali: una guerra di logoramento in cui gli unici a perdere davvero saranno gli italiani. Perché l'unico obiettivo che si potrà porre un simile governicchio sarà quello di tenere la barra navigando a vista fino alle elezioni anticipate. Nave sanza nocchiere, ma c'è dell'altro.

La terribile crisi del nostro paese non si percepisce solamente nella contrazione che sta investendo i settori produttivi dell'economia nazionale. È una rabbia cieca che monta, strisciante, che si insinua giorno dopo giorno in ogni strato della società impastata di rinunce quotidiane e illusioni, ingiustizie e repressioni. I black bloc sono la punta di un iceberg che potrebbe far colare a picco la bagnarola Italia. La rabbia senza ideali dei diseredati di ogni colore: il disastro di Roma l'esempio più calzante. E se mi unisco al coro di quanti hanno deprecato gli scontri ciò accade per la stessa ragione che mi porta a condannare il coinvolgimento della popolazione civile in una guerra. Rubare dei libri dalle librerie e strappare quelli di Bruno Vespa (è successo davvero, giuro), bruciare le auto o spaccare le vetrine dei negozi non convincerà mai "il popolo" ad unirsi alla causa, anzi lo renderà refrattario a qualsiasi protesta favorendone la sottomissione. Se si distrugge un'auto quale forma di protesta radicale il proprietario sarà costretto a risparmiare per riparare il danno subito o, peggio ancora, per comprare una nuova auto. Siamo pragmatici, le auto servono. Non quanto questa società ci vorrebbe far credere, ma servono. E se il proprietario della suddetta auto è un operaio, magari monoreddito o in cassa integrazione? in questo caso è chiaro che quell’uomo non seguirà la “prospettiva rivoluzionaria” ma se ne terrà ben lontano cercando la sicurezza. La sicurezza di uno Stato di polizia, ovviamente, lo stesso Stato che promette lavoro facendo imbracciare un fucile a migliaia di disoccupati. Ecco perché le proteste radicali prestano il fianco alle polemiche strumentali, ecco perché soffocano la rabbia di una società invece di alimentarne la forza liberatrice. Non sarà certo un sanpietrino tirato su un lunotto a sovvertire le logiche economiche e le scelte politiche di una società malata che sceglie tra i peggiori i propri rappresentanti.

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