mercoledì 1 febbraio 2006

Cattive influenze

Avvertenza: poiché scritto sotto l’effetto di antibiotici e febbri variegate questo post sarà assolutamente delirante. Non ditemi che non ve lo avevo detto: siete stati avvertiti.

Io sono un anti-ipocondriaco. Avete presente quelle persone che credono di essere state colpite da ogni sorta di mali fisici, compresi quelli che si svilupperanno sulla faccia della Terra nei prossimi cento anni? Beh, io sono esattamente il contrario.

Io sono quello che nega le malattie. Complice anche un meraviglioso sistema immunitario che da almeno un decennio risolve i (già pochissimi) problemi fisici senza l’uso di alcun medicinale ho deciso di bandire dalla mia esistenza, fin quando possibile, ogni tipo di farmaco a parte l’acido acetilsalicilico – cioè l’aspirina, ma il suo nome scientifico fa più psichedelico, non trovate? –, usato con la moderazione di un frate trappista. Quest’anno tuttavia, così come l’anno scorso, una fastidiosa influenza mi ha colpito e il mio sistema immunitario ha avuto la felice idea di dare forfait proprio mentre mi trovavo nella mia casa di Modica: la mia vera casa, quella "stanza con uso dei servizi comuni" che occupo a Catania per la quale pago un prezzo osceno non la considero casa chiaramente. Anche se è da lì che partono tutti i miei post ed è lì che trascorro buona parte del mio tempo… Ma non divaghiamo. Rimanere a letto con l’influenza a Modica per me significa un solo, deleterio, spaventoso, inquietante fatto: mia madre che muta in modalità crocerossina tra medicine, panni caldi e brodaglie varie e che ronza continuamente intorno al mio letto. Inutile fermarla: avete mai provato a fermare un treno in corsa? (Domanda piuttosto retorica chiaramente, se l’aveste fatto non avreste potuto rispondermi adesso).

Credo che nel sangue di mia madre alberghi, nascosto da generazioni, qualche filamento di DNA ebraico: avete mai sentito parlare della figura della yiddishe mame? Moni Ovadia definisce una yiddishe mame "…asfissiante e intransigente, tenera e feroce al tempo stesso, generosa e insopportabile…", una mamma chioccia al quadrato il cui unico scopo nella vita è quello di accudire i suoi pulcini. Anche quando i pulcini in questione hanno venticinque anni, una vita propria e hanno bellamente passato il quintale… Una storiella ebraica dice: "Qual è la differenza tra una yiddishe mame e un terrorista? Con un terrorista puoi trattare".

Se mia madre non è così, poco ci manca. Per fortuna ha da tempo compreso che io sono la pecora nera della famiglia, il figlio degenere che ascolta tutti i suoi consigli solo per farla contenta ma che fa sistematicamente di testa propria se questi consigli (per un buon 92%) non sono di mio gradimento – credo che continui nelle sue eterne giaculatorie raccomandazioni solo per ribadire a se stessa il ruolo di madre demandata all’educazione filiale… Un’accusa frequente che ha sempre il sapore di una condanna nel suo tribunale personale è "Una volta non eri così!" dove è sottesa chiaramente una critica a quanto io sia peggiorato con il passare degli anni. E accusa gli unici amici che possono avermi influenzato in questo mio cambiamento…

I libri. Lo studio.

E non posso che darle ragione. Mi rendo conto di non somigliare più alla mia famiglia, di aver percorso un itinerario di conoscenza lontanissimo dal loro e di essere diventato per certi versi un alieno. Di quelli che si chiedono sempre – sempre, dannatamente – il perché delle cose e che si rifiutano – almeno per ora, non sono certo un eroe – di calare le corna all’andazzo generale. E so che anche se mia madre non lo ammetterà mai – troppo orgogliosa – in cuor suo è contenta di avere un simile figlio degenere. D’altronde almeno l’altro figlio le è riuscito bene…


P.s.: non chiedetemi secondo quale filo logico ho scritto questo post perché non me lo ricordo più. Quando l’ho scritto il discorso filava perfettamente, proprio come una bustina di nimesulide disciolta in un bicchiere d’acqua…

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