giovedì 16 aprile 2009

Ragione e sentimento

La vita e la morte di Eluana Englaro ha costretto l’ipocrita classe politica italiana su un temi tabù che nel nostro insano Paese vengono inquinati dalla sudditanza – più psicologica che reale, nonché opportunistica: per ragioni elettorali non certo per fini etici – nei confronti del Vaticano. Ritengo che la questione possa essere riassunta in tre nuclei fondamentali:

1) L’idratazione e l’alimentazione tramite sondino è cura o trattamento vitale?

2) Può un’altra persona decidere per la nostra vita?

3) Lo stato vegetativo può essere considerato vita?

Chiaramente non pretendo di saper dare una risposta univoca e soddisfacente a queste tre problematiche: non avrei la capacità né tantomeno le conoscenze specifiche. Solo alcuni spunti i miei, allora, in modo tale da poter chiarire le idee prima di tutto a me stesso.

Dunque, primo punto: l’idratazione e l’alimentazione tramite sondino è un trattamento vitale o una cura? Esiste una differenza abissale tra le due definizioni. Se infatti si considerano questi interventi come trattamento vitale, la loro sospensione verrebbe considerata una forma di eutanasia poiché il paziente che ne venisse privato non morirebbe per le conseguenze dirette della malattia da cui è affetto ma per l'interruzione di una forma di sostegno vitale. Mi piacerebbe tuttavia che qualcuno mi spiegasse cosa ci sia di eutanasia, di “bella morte” in una spaventosa morte per inedia: ti prendono per fame e per sete, poco meno di un assedio medievale. Se invece si considera la nutrizione forzata come una terapia medica, la sospensione di questi trattamenti sarebbero né più né meno un atto dovuto, una semplice applicazione di un meraviglioso articolo della Costituzione italiana, il 32, il quale afferma tra le altre cose che "La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana". Un articolo forte, bellissimo, che parla chiaro: nessuna volontà esterna può prendere il posto di quella del singolo, del diretto interessato. Un articolo applicato di routine anche in ambito medico: una persona, nel pieno delle sue facoltà e una volta informato dei rischi può rifiutare di sottoporsi alle cure mediche, anche se questo significa la morte. Ad esempio quelle donne che pur di portare avanti una gravidanza rifiutano la chemioterapia che le salverebbe ma che ucciderebbe il feto. Oppure come il caso recente della donna che ha rifiutato di farsi amputare una gamba pur sapendo che il suo rifiuto l’avrebbe portata alla morte per setticemia.

In realtà il problema, almeno a livello legislativo, è una specifica italiana. A livello internazionale infatti si considera l'alimentazione e l'idratazione forzata, anche per individui in stato vegetativo, come un trattamento medico liberamente rifiutabile dal paziente o dal suo rappresentante legale. Una cura. Una cura rifiutabile. Ed è proprio sulla base della Convenzione europea di bioetica, ratificata dal Parlamento italiano già nel 1997 che la Cassazione ha dato il via alla sospensione del trattamento per Eluana Englaro e che le ha permesso di terminare la propria morte.

La seconda questione posta in capo al post è quella riguardante invece la legittimità o meno che un altro decida della nostra vita. Per rimanere nell’esempio recente del caso Englaro il padre di Eluana, diventato suo tutore legale, ha detto di rispettare le volontà della figlia nonostante questa non avesse esplicitamente dichiarato alcunché sulla sua possibile sorte in caso di fine della vita… Ed è chiaro, a ventidue anni non pensi a come morirai, pensi a trascorrere la tua vita nel migliore dei modi. Il problema semmai è questo: può un altro decidere per noi, anche quando questo sia una persona a noi vicinissima?

Ecco la necessità del testamento biologico, ed ecco perché sarebbe giusto che la legislazione italiana si dotasse di un simile strumento civile. Il fatto è che siamo in Italia, terra di ipocriti e di teodem che pur di ottenere il voto dei cattolici venderebbe l’anima al diavolo.

Così il Parlamento discute un ddl folle che calpesta senza pensarci due volte l’articolo 32 della nostra Costituzione e l’inviolabilità della persona sancita da essa. Questo disegno di legge, che porta il nome del senatore Calabrò del Pdl (medico e ricercatore universitario, desolantemente) vieterà infatti non solo l’eutanasia, ma anche la possibilità di interrompere l’alimentazione, l’idratazione o la ventilazione del paziente. Il vero capolavoro di ipocrisia è però la DAT, la cosiddetta “dichiarazione anticipata di trattamento”. Il testamento biologico, in soldoni. Ebbene, lasciamo da parte il burocretinismo del fatto che il testamento biologico dovrebbe essere presentato presso un notaio alla presenza di un medico e consideriamo invece che la DAT non è vincolante per il medico.

Esatto. Il testamento biologico, il documento ufficiale in cui ciascuno chiede di poter finire la propria esistenza nella maniera che più ritiene dignitosa non è vincolante per il medico. Il medico potrà dunque tranquillamente ignorare le volontà del paziente, calpestare la sua dignità! A questo punto dunque si pone una questione del tutto legittima: se l’eutanasia è illegale, se contrariamente al resto del mondo da noi l’alimentazione forzata è considerata un trattamento vitale, se il medico ha un potere illimitato che può calpestare la volontà del paziente allora qual è mai il senso del testamento biologico? L’articolo 32 della Costituzione parla chiaro: non si può travalicare in nessun caso il rispetto per l’individuo e per la persona umana. Mentre questa legge delirante, assurda, liberticida si allontana da dal cammino costituzionale. Nega la libertà di decisione della persona, designa lo Stato come padrone delle nostre stesse esistenze, schiaccia la dignità dell’individuo.

E in tutto questo, le opposizioni, dove stanno? Perché noi ci fregiamo addirittura del plurale: le opposizioni, per far vedere quanto siamo democratici! Ma ce ne fosse una, di opposizione seria. Il fatto è che non ne esistono. L’Udc appoggia pienamente il ddl Calabrò, l’IdV non ha dichiarato ancora niente di concreto, ma il fattto più desolante è che un buon quarto dei senatori del Partito Democratico è favorevole al ddl Calabrò! E questa dovrebbe essere l’opposizione che difende la dignità del cittadino? Non potevamo aspettarci nulla di meno da un partito che proprio in un momento delicato come questo sostituisce il proprio capogruppo alla Commissione Sanità del Senato mettendovi Dorina Bianchi. La quale per chi non lo sapesse ha indossato con furore scudocrociato le casacche dell’Udc ed è stata relatrice della legge 40. La persona giusta al momento giusto insomma.

Ma arriviamo all’ultima questione, una questione talmente complessa che sento di dovermi limitare solo a poche parole. All’opinione nuda e cruda… Si può considerare vita lo stato vegetativo? Se il cervello è morto, definitivamente morto, se una persona non è altro che una pianta innaffiata dall’esterno allora, continua ad avere senso quell’esistenza? Non è forse un atto d’egoismo quello di volere mantenere in vita chi non appartiene più alla vita? Ecco perché ho scritto che Eluana ha terminato la propria morte. Perché Eluana Englaro era già morta diciassette anni fa, quando il suo cervello aveva smesso di vivere. Per diciassette anni si è torturato una ragazza, si è calpestata la dignità di quella che un tempo era una ragazza di venti anni ridotta ormai a pianta da innaffiare. Amorevolmente, certo, ma non credo che mangiare, bere, respirare ed avere una circolazione regolare fossero state le aspettative più alte per quella ragazza.

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