martedì 9 dicembre 2008

Kossiga: post scaduto, ma non troppo

“Maroni dovrebbe fare quel che feci io quand’ero ministro dell`Interno. In primo luogo, lasciare perdere gli studenti dei licei, perché pensi a cosa succederebbe se un ragazzino rimanesse ucciso o gravemente ferito. Lasciar fare gli universitari. Ritirare le forze di polizia dalle strade e dalle università, infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le città. Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di polizia e carabinieri. Le forze dell`ordine non dovrebbero avere pietà e mandarli tutti in ospedale. Non arrestarli, che tanto poi i magistrati li rimetterebbero subito in libertà, ma picchiarli e picchiare anche quei docenti che li fomentano. Soprattutto i docenti. Non dico quelli anziani, certo, ma le maestre ragazzine sì. Ci sono insegnanti che indottrinano i bambini e li portano in piazza: un atteggiamento criminale!... Questa è la ricetta democratica: spegnere la fiamma prima che divampi l`incendio”.
(Francesco Cossiga, dopo le proteste di studenti, insegnanti e precari contro
la Gelmini)


Molti avranno sentito un brivido percorrere la schiena… È brutto sapere di aver avuto ragione e trovare conferma qualche decennio dopo attraverso le dichiarazioni deliranti di un Presidente Emerito della Repubblica Italiana nonché senatore a vita. Francesco Cossiga. Emerito magari, ma l’aggettivo preferirei associarlo ad altro sostantivo più calzante. Parole aberranti, o forse no. Perché esiste una lucidità glaciale in queste dichiarazioni: non sono le parole di un vecchietto arteriosclerotico. Sono le parole dell’uomo di Stato di oggi e di ieri… Cossiga. Anzi, Kossiga. Simili dichiarazioni chiudono un cerchio che si era aperto il 12 maggio del 1977. Finalmente si capiscono molte cose e si capisce sempre più come l’Italia sia stata (sia tuttora?) governata da un potere occulto e deviato capace di destabilizzare, creare disordini ad hoc e, se necessario, uccidere.

Che cosa successe il 12 maggio del 1977? Leggete qui e capirete.

Il 12 maggio 1977 moriva a Roma Giorgiana Masi, uccisa dai colpi di una pistola impugnata da mani ignote. Nei giorni successivi diverse persone, tra i quali Marco Pannella, sottolinearono in dichiarazioni ufficiali la presenza di agenti in borghese nascosti tra i dimostranti che contribuirono a provocare e ad aizzare la folla. I politici del tempo smentirono categoricamente e il caso fu archiviato senza che il colpevole o i colpevoli potessero essere identificati e dunque puniti. Ma forse oggi sappiamo chi fu il responsabile politico di quella morte, la persona che fece infiltrare agenti tra la folla col solo compito di devastare e inquinare un momento di rivendicazione civile. Per confondere e destabilizzare. Per creare odio.

Adesso sappiamo chi ha ucciso Giorgiana Masi. O meglio, da cosa è stata uccisa: dalla violenza di Stato, dai provocatori del Potere. In un paese democratico, realmente democratico come minimo si aprirebbe una commissione d’inchiesta per indagare sulle parole di Cossiga e sul ruolo che ricoprì allora, si ricercherebbero gli uomini dello Stato di un tempo, i poliziotti, i carabinieri, gli uomini del servizio segreto e gli si chiederebbe conto e ragione di quell’episodio oscuro della storia italiana recente. In un paese democratico, dopo dichiarazioni simili, cadrebbero molte teste. In un paese democratico, non da noi: perché il Potere rigenera se stesso e fagocita quanti si oppongono al suo permanere.

Nessun commento: