domenica 31 dicembre 2006

Sulla morte di una carogna

Giustizia è stata fatta esclama il re del mondo. Evento tragico sottolineano i baroni vaticani dimenticando l’articolo 2267 del catechismo che non esclude la pena di morte. Condanna unanime del mondo politico italiano a parte i cani rabbiosi della Lega – e mi perdonino i cani rabbiosi, per loro quella è solo una malattia temporanea.

Saddam Hussein, ex-dittatore iracheno è morto per impiccagione ieri mattina all’alba.

Sarebbe fin troppo banale ricordare che la differenza fondamentale tra un uomo e le specie animali dalle quali deriva sia la ragione. Millenni di evoluzione hanno trasferito su due piani diversi i concetti di giustizia e di vendetta. Giustizia è il pensiero che si fa legge, il maleficio di una punizione arbitraria mascherata dall’ipocrisia del recupero sociale, la certezza di una pietas per la limitatezza dell’agire umano che accomuna gli illuminati della nostra specie. Vendetta è la supremazia dell’istinto, la vittoria della rabbia, l’odio dissetato dal sangue del nostro nemico.

Atto legittimo la vendetta. Legittimo e comprensibile. Atto più che dovuto nel caso di Saddam se fosse stato ucciso da un altro uomo, accecato dall’odio e al di fuori di ogni regola di convivenza umana. Ma non così. Prostituire la legge alla causa dell’irrazionale e travestire di opportunità legale e di opportunismo politico l’omicidio di un altro essere vivente è stata una sconfitta della ragione e dell’essere umano, di colui che pensa, di chi non è più solo animale della specie homo sapiens sapiens. Anche se di fronte ad un regime sanguinario, agli arresti di massa, alla privazione dei diritti più elementari, alle torture spaventose, al genocidio di un popolo e alla morte della libertà non so come avrei reagito, non so quale sarebbe stato il mio giudizio se avessi provato sulla mia pelle ciò che ogni iracheno ha provato in questi decenni…

È così difficile rimanere uomini, a volte.

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