Nella politica da baraccone della
democrazia rappresentativa il teatrino delle elezioni, ridicolo, e
l'accattonaggio dei voti dei candidati al governo della regione Sicilia segue da
sempre logiche tutte sue. A petto della solita chiamata alla legalità e
all'orgoglio siculo che infuoca i vari appetenti allo scranno e che attraversa
le casacche di ogni colore il racket dei manifesti elettorali continua a
regnare sovrano e il voto di scambio si presenta, come sempre, di solida e
robusta costituzione. Nel marasma del vecchiume che si traveste di nuovo - con
qualche stilla di freschezza che viene purtroppo confusa nel lercio dell'ovvio
- le uniche ventate di novità sono state rappresentate dai Forconi e dal
Movimento Cinque Stelle. Per suo conto il Movimento dei Forconi ha sbagliato
ogni cosa. Dalle forme di protesta autolesionista di una jacquerie senza
speranza e senza direzione che ha mandato avanti un popolo arrabbiato e
politicamente ingenuo in attesa di non si sa che cosa (forse del tornaconto di
qualcuno), al programma singolare ma populista per larghi tratti, allo
scadimento nell'ennesimo partito indipendentista che trasformerà anche le buone
intenzioni del migliore tra i forconi nella più trista forchetta affamata di
privilegi. Arriveranno a Palermo anche loro, badate bene, il Movimento è molto
forte nelle aree rurali e in quei territori che hanno vissuto per decenni di
contributi a pioggia e che sono stati poi abbandonati a se stessi: territori in
cui il risentimento per la vecchia classe politica è fortissimo, quella stessa
classe politica che hanno fortemente contribuito a far eleggere per difendere
gli interessi dei loro soliti noti.