giovedì 9 aprile 2009

Scioperati

In questo periodo mi sento quasi un costituzionalista. Forse perché ultimamente mi ritrovo spesso a parlare della deriva che il nostro paese sta prendendo e della carta pesta che certa gentaglia al potere vorrebbe fare con la Costituzione. L’ultimo esempio della svolta autoritaria dell’Italia riguarda il diritto di sciopero. Leggendo l’articolo 40 della Costituzione si legge infatti "Il diritto di sciopero si esercita nell'ambito delle leggi che lo regolano". Un articolo scarno, breve, che sembra di fatto non dire niente ma che mette in relazione inscindibile e rassicurante due parole: diritto e sciopero. Lo sciopero è un diritto fondamentale, uno strumento di dissenso e una presa di coscienza collettiva che i lavoratori – o più in generale, il popolo – esercitano nei confronti del proprio datore di lavoro o delle istituzioni.

Finora.

Non bastava infatti la bizantina regolamentazione del diritto di sciopero (legge 146/1990 sclerotizzata dalla 83/2000) nei servizi pubblici essenziali legati alla salute, all'istruzione, alla sicurezza e alla libera circolazione. A queste norme adesso si aggiungeranno le chiose della brutta legge delega appena passata che porteranno, di fatto, all’impossibilità di esercitare un diritto. Una legge che riguarda per ora solo il settore dei trasporti ma che fornirà chiaramente le indicazioni per il Testo Unico sul diritto di sciopero che dovrà essere redatto dal governo entro due anni. Due, a mio parere, sono gli aspetti più opinabili di queso pastrocchio legislativo: l’ulteriore peggioramento dell’adesione preventiva e lo sciopero virtuale. Per quanto riguarda il primo punto la legge prevede che potranno proclamare uno sciopero nel settore dei trasporti solo quei sindacati che hanno complessivamente almeno il 50% della rappresentanza – sono tanti i sindacati che rientrano in questa categoria, vero? In alternativa, le organizzazioni che hanno almeno il 20% (percentuale che possono ottenere anche consociandosi) possono ricorrere al referendum preventivo, che deve registrare un consenso di almeno il 30% dei lavoratori. Nei servizi di particolare rilevanza, anche se non si dice quali siano, sarà obbligatoria la comunicazione preventiva (dieci giorni, nei fatti due settimane prima) di adesione allo sciopero da parte del singolo lavoratore: un modo per consentire alle aziende di sostituire chi protesta o per provvedere alla dissuasione. Infine, per evitare “l’effetto annuncio”, la revoca degli scioperi dovrà essere comunicata con largo anticipo.

Capisco che queste norme siano state fatte per ridurre gli scioperi selvaggi e per salvaguardare anche i diritti delle persone colpite dalla protesta, ma norme simili rendono il diritto di sciopero se non impossibile, almeno molto difficile da esercitare. Sarebbe interessante capire inoltre perché sia necessaria una verifica del consenso per proclamare uno sciopero ma non ce ne vuole una quando si fanno piattaforme o si firmano contratti… Misteri della burocrazia autoritaria. Infine la ciliegina sulla torta, la genialata di questa leggina: il cosiddetto “sciopero virtuale”. Vale a dire che il lavoratore resta al lavoro ma decide di non percepire lo stipendio, mentre all’azienda viene comminata una multa da devolvere in beneficenza. Come a dire: oltre al danno la beffa. Non solo lavori in una situazione di disagio ma se protesti devi lavorare pure senza stipendio! Ad onor del vero si tratta di una forma di sciopero esistente da tempo ma che non è quasi mai utilizzata perché alla fine gli unici disagi patiti sono quelli dei lavoratori che protestano. Ma cosa non si va ad inventare quel gran genio di Sacconi? Il ministro, bontà sua, ha voluto rendere più agevole la possibilità per il lavoratore di restare al lavoro. Senza rinunciare allo stipendio, unica postilla onorevole in questa legge, però con un segno distintivo al braccio, come ha affermato il ministro stesso senza paura di risultare ridicolo: “Penso a una fascia al braccio che indica uno stato di malessere”. E allora riflettete un attimo: il lavoratore rimane sul posto di lavoro, percepisce lo stipendio, l’azienda va avanti come se niente fosse a parte una fascia al braccio del lavoratore che indica uno stato di malessere… Lo sciopero smette di avere senso: una forbicina spuntata contro il muro di gomma dell’autorità.

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