sabato 2 giugno 2007

Alle porte di Bisanzio

Ieri sono dovuto andare all’Agenzia delle Entrate di Catania per chiarire una vicenda riguardante un contratto d’affitto mai registrato dalla mia precedente padrona di casa. Dopo aver attraversato un buon quinto della città a bordo di un autobus raggiungo un edificio governativo dall’inquietante sapore sovietico: in pratica, un’unica colata di cemento che si staglia sulla circonvallazione della città. Oltrepasso timoroso l’ingresso – un po’ come il suddito costretto a venire al cospetto del proprio regnante – e seguo il flusso di gente che mi conduce all’Ufficio informazioni. Anzi, alla sezione Prima informazione che chiaramente si occupa di ambiti diversi rispetto all’Ufficio informazioni vero e proprio...

Prendo il numeretto per mettermi in coda ma proprio mentre sto cercando il coraggio per scoprire quante centinaia di persone mi sopravanzano si avvicina l'impiegato A che mi chiede di cosa ho bisogno. Sento all’improvviso l’odio di centinaia di persone spostarsi su di me, porgo il documento che mi è stato notificato ed ignoro con forza la voce della mia coscienza che urla “Allora, dove cazzabubbolo sono finiti i tuoi principi? Non dovresti attendere il tuo turno? Le code vanno rispettate!”. L’impiegato A mi indirizza all’ufficio del dottor X posto nel palazzo B del complesso spiegandomi che avrò bisogno di un pass per entrarvi e per ottenere i servizi richiesti. Mi reco perciò allo sportello PASS, consegno il documento e l’impiegato mi porge un pass che dovrei attaccare al mio petto e un foglio su cui è scritto il mio nome, il nome del dottor X e l'orario di ingresso: mi sento come se fossi Clarice Starling che sta per incontrare il dottor Lecter... Tutte queste formalità per cosa? Anche se fossi un kamikaze deciso a farmi saltare in aria non riuscirei nemmeno a scalfire un palazzo che sembra essere stato costruito con un’unica colata di cemento!

Esco dal palazzo A in cui mi trovo per raggiungere il secondo piano del palazzo B. Entro in una caterva di stanze tutte uguali e cerco quella del dottor X, busso e chiedo di essere ricevuto: dopo circa un quarto d’ora il dottor X mi fa cenno di entrare e mi chiede di porgergli la notifica che mi è stata spedita in modo da capire di cosa si tratti. Tuttavia, dopo aver dato una rapida occhiata al foglio il dottor X esclama: “Ma hanno sbagliato a mandarla da me, di queste pratiche se ne occupa il settimo team... Va beh, mi segua che la accompagno io”. Percorriamo una selva di corridoi su cui si affacciano porte su porte, uffici che contengono in molti casi impiegati sonnacchiosi e arriviamo al corridoio del settimo team. Il dottor X si informa con l’impiegata B che, data un’occhiata al documento, si sente in dovere di ricordare al dottore che il settimo team è stato smantellato... “E allora che cosa faccio?” chiedo con un pizzico di smarrimento.

L’impiegata B mi spedisce dalla dottoressa Y, la quale ha fatto parte del settimo team ed ha istruito personalmente la mia pratica: ringrazio dottore ed impiegata e mi avvio alla ricerca della dottoressa Y. Trovo la sua stanza ma la scrivania è vuota... Dopo una decina di minuti d’attesa entra nella stanza l’impiegato C il quale ha la pietà di farmi sapere che la dottoressa Y non viene da due giorni e che tornerà solo la settimana successiva. L’impiegato C si informa del motivo per cui cerco la dottoressa ma mette subito le mani avanti dicendo che non è di sua competenza: allora, poiché comincio ad indispormi, ha la felice idea di condurmi dal dottor Z, anche lui appartenente al settimo team prima del suo smantellamento.

Bussiamo alla porta chiusa del dottor Z che, dopo aver ascoltato brevemente di cosa si tratta, acconsente a ricevermi. Attendo una ventina di minuti davanti alla porta e quando è il mio turno entro nel suo ufficio: in effetti somiglia più alla sezione di una tifoseria del Catania che ad un ufficio. Sciarpe, inverecondi adesivi “Catanesi si nasce”, gagliardetti, pupazzi rossoblu che cozzano fortemente con la serietà mostrata dal dottore... Il dottor Z esamina la pratica e mi chiede di seguirlo: torniamo nella stanza della dottoressa Y e sulla sua scrivania troviamo la pratica incriminata. Il dottor Z la legge con attenzione ed infine mi congeda con un lungo discorso il succo del quale si può riassumere in "non spetta a te pagare la multa". Ringrazio, saluto, cerco l’uscita tra i labirintici corridoi della burocrazia italiana e torno dall’impiegato dell’ufficio PASS: dopo aver consegnato il pass e la carta d’ingresso l’impiegato butta il tesserino in un mucchio e mi restituisce il documento.

Esco e lascio alle mie spalle la colata di cemento da socialismo reale... Il bizantinismo della burocrazia italiana sarà pure un luogo comune ma dopo questo episodio non mi sento di poterlo smentire personalmente.

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