mercoledì 27 settembre 2006

Il paese dove fioriscono i cachi

Mio zio è una gran brava persona. Gentile, generoso, simpatico, estroso, sempre brillante in ogni situazione. Ha un solo difetto: vota Forza Italia. Segue con passione, lui piccolo imprenditore, le vicende di questo partito da quando Silvio in persona ricevette le “Tavole della Legge” – che altri chiama avvisi di garanzia. Impossibile dunque intraprendere con lui una discussione che tratti di un argomento legato alla politica o al governo del Paese: colpito dalla classica “sindrome del forzista” non argomenta le sue opinioni e si limita a sbraitare delle verità assolute che come tali devono essere prese.

Lui ha ragione, gli altri sono solo comunisti.

Così domenica scorsa, prendendo spunto da una discussione sulla burocrazia che limita l’operato del piccolo commerciante mio zio non si è lasciata scappare l’occasione per attaccare e denigrare l’attuale governo. Casus belli la legge Bersani che dal primo ottobre imporrà ad ogni titolare d’impresa di operare solo ed esclusivamente attraverso conto corrente. In tal modo ogni operazione sarà tracciabile attraverso una semplice indagine telematica così da rendere più difficile l’evasione fiscale. Eppure mio zio non si era scagliato né contro l’evidente vizio di questa legge, e cioè che basta non fatturare e le tasse si evadono ugualmente, né si era scagliato contro il principio di una legge che impone al cittadino imprenditore di avere un conto corrente e dunque di depositare i propri soldi in banca, facendo così un favore – disinteressato? – alle potentissime e non sempre trasparenti lobby della finanza.

No. Mio sbraitava contro questo governo comunista e dittatoriale perché si permette di controllare le operazioni finanziarie degli onesti cittadini che lavorano e che pagano già tante tasse: in questo modo se anche qualcuno volesse far quadrare i conti fatturando ad un prezzo minore o volesse arrotondare un po’ il proprio modulo delle tasse non potrebbe più farlo!

L’Italia è uno strano paese. Gente come mio zio sbraita contro gli stranieri che vengono a delinquere nel nostro paese, auspica giri di vite contro il criminale comune, lavori forzati per i ragazzetti che si fanno le canne e augura ogni sorta di male agli agenti della stradale che elevano nei suoi confronti una multa per eccesso di velocità o ai vigili urbani che hanno appena lasciato sul suo parabrezza una multa per sosta vietata. Eppure credo si meraviglierebbe se qualcuno gli facesse notare che evadere le tasse è un reato grave e che anche tra gli immigrati esistono dei delinquenti e delle brave persone mentre i veri criminali sono i loro datori di lavoro, italianissimi, che li fanno ammazzare anche sedici ore al giorno nei campi o nelle serre senza dar loro alcun diritto che non sia una misera paga. Credo che mio zio rimarrebbe perplesso se sapesse quali danni procurano al corpo di chi le assume sostanze assolutamente legali come l’alcool o stenterebbe a credere se qualcuno gli dicesse che uno scontrino non fatto o un operaio in nero contribuiscono ai rincari, all'istituzione di nuove tasse e all'inasprimento di quelle già esistenti. Si meraviglierebbe non poco, mio zio, qualora qualcuno gli dicesse che l’eccesso di velocità o il divieto di sosta non sono capricci di singoli agenti, ma rappresentano una vera e propria violazione della legge: siamo noi ad essere colpevoli, non loro ad essere bastardi.

La cultura della legalità. Ecco il vero problema degli italiani. L’italiano medio vede lo Stato come un mostro a sette teste che si nutre di tasse e di burocrazia e che va fregato non appena se ne presenti l'opportunità. L’italiano medio non vede con sospetto - come succederebbe in qualsiasi altro paese civile - il truffatore, il furbetto, l’azzeccagarbugli che riesce ad insinuarsi tra le pieghe legislative: è anzi lodato per la sua capacità e la sua destrezza. Il bene comune e la giustizia sono pura utopia, favolette che si raccontano ai bambini perché già da piccoli non abbiano a schifare il mondo in cui cresceranno, quelli che rispettano la legge sono solo degli imbecilli. Il sapere rinunciare al proprio risicatissimo e ridicolo particolare per una idea più alta poi diventa frutto di biasimo e di motteggi da parte dei pensatori liberali, quelli che usano parole che non conoscono solo per fare bella figura in società o che usano la parola più bella che ogni lingua abbia mai conosciuto, libertà, come sinonimo stemperato di liberismo. Gente come mio zio, bipartisan da destra a sinistra passando per il caro vecchio odiato centro cattolico, gente che coltiva il proprio orticello ignorando altre realtà e altri sistemi di pensiero…

Gente che ha sempre ragione. O forse solo, dannatamente italiani.

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