mercoledì 31 maggio 2006

Veleno

Avvertenza: questo post ha un intento esclusivamente diffamatorio. Gli episodi citati pur essendo in larghissima parte assodati e conosciuti da noi stessi siciliani rappresentano voces populi non dimostrabili in una eventuale sede legale. Sono bravi, bisogna ammetterlo.


Stavolta non sarò super partes. Non mi sforzerò nemmeno di essere obiettivo. Stavolta ho solo voglia di vomitare addosso contumelie ed infamia, accuse e verità sottaciute agli indegni nostri neo-eletti alla regione Sicilia… Sapevo che la Borsellino non avrebbe vinto. Una persona limpida ed onesta, una persona senza compromessi, una persona che ha vissuto sulla propria pelle la vigliaccheria di un attentato che le ha strappato un fratello altrettanto limpido ed onesto. Una persona simile non poteva vincere le elezioni in una terra maledetta in cui la mafia travestita da legalità e il voto di scambio mascherato da consenso popolare dominano le nostre menti. Menti intorpidite ed assuefatte all’illegalità diffusa, uomini e donne che confermano un individuo accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, un uomo che ha continuato il processo di distruzione e di annientamento della nostra terra con un programma fatuo ed aleatorio che premiava e che continuerà a premiare gli amici e gli amici degli amici (nonché qualche sua azienda), un uomo che non ha fatto nulla per far crescere la cultura della legalità in Sicilia se non sperperare i soldi del fondo Carlo Alberto dalla Chiesa con manifesti inutili ed insultanti l’intelligenza dei cittadini siciliani (“la mafia fa schifo”: oh, adesso sì che i mafiosi righeranno dritto!).

Un uomo che non si dimetterà nel caso in cui la legge italiana lo condannerà per associazione semplice.

Forza Italia, ex-Udc, ex-Dc il loro Cuffaro: tutti partiti con cui la mafia ha avuto ed ha ancora di che spartire. Inutile adesso negare l’evidenza, inutile negare che il 95% dei politici siciliani indagati per illeciti e connivenze di vario tipo sia di destra. Perché? Non mi spingerò a dire che la destra siciliana sia il naturale prolungamento della criminalità organizzata perché mi rendo conto che i mascalzoni e i criminali si trovano in ambedue gli schieramenti senza alcuna differenza di colore: alla mafia interessa solo il potere politico e il controllo di ogni attività redditizia ed è perciò conseguente che cerchi alleati tra gli imprenditori e che chieda aiuto e scambi gentili favori con i partiti di massa (Udc) o con i partiti tradizionalmente legati al mondo dell’imprenditoria (Forza Italia). Certo può accadere che la causa si confonda con l’effetto e cioè che certa mentalità attecchisca con più facilità in un partito piuttosto che in un altro, ma credetemi, i mafiosi cercherebbero alleati anche tra i Nuclei d’Azione Proletaria qualora essi risultassero il partito espressione della volontà dei siciliani.

Ecco dunque creato il tipico circolo vizioso del colluso che arriva al potere: mettiamo da parte le persone oneste – imprenditori compresi – che entrano in politica e rivolgiamo il nostro interesse ai farabutti. Prendiamo un imprenditore che si arricchisce non solo grazie alle competenze e alla capacità manageriale ma anche grazie a certi amici che gli spianano la strada – siano essi criminali che mettono a tacere la concorrenza siano essi politici che lo favoriscono turbando le aste e concedendogli appalti pubblici con i quali, una volta fatta la cresta alle spese, guadagneranno entrambi. L’imprenditore diventa potente e si rende conto che per crescere ancora in potenza deve poter manovrare direttamente i fili che reggono la vita associata: non potendo prendere il potere con la forza decide di entrare in politica. Per essere eletto necessita del favore popolare. Questo potrà essere guadagnato sia attraverso la fiducia di persone oneste realmente convinte del programma presentato, sia attraverso i clientes del politico che lo ha protetto fino ad allora e del quale diventa delfino, sia attraverso prodigalità e supposte filantropie sbandierate a tutto campo dai media di famiglia – sempre qualcosa si trova tra giornali, radio, televisioni e agenzie pubblicitarie –, sia attraverso il voto di scambio propriamente detto, sia attraverso minacce di licenziamento e oscure ritorsioni – è successo anche questo, che credete. Ecco il favore popolare, ecco il vanto dell’Occidente, ecco la democrazia.

Con Cuffaro ha vinto ancora una volta la Sicilia gattopardesca, la Sicilia della zona grigia, la Sicilia del compromesso, la cara vecchia sonnacchiosa muffita Sicilia convinta di essere troppo perfetta per riuscire a cambiare. Di quelli scintillanti fuori e marci dentro… They are coming to teach us good manners but won’t succeed, because we are gods”. Abbiamo avuto la possibilità di votare per un simbolo, per il simbolo del cambiamento, e l’abbiamo persa. Qualcuno potrebbe dirmi che dietro alla Borsellino stavano persone avide di potere come Leoluca Orlando o come Carlo Fava (detto anche “i meriti dei padri non ricadano sui figli”) ma anche quando ciò risultasse vero non si può dire che un Orlando o un Fava non si siano spesi in favore dei siciliani. Pur non riuscendoci.

Sono tuttora disgustato da una simile campagna elettorale. Sono disgustato dei candidati della mia provincia. A petto del margheritino Ammatuna che ha meritatamente ottenuto la carica di deputato all’Ars (sindaco di Pozzallo, una città che grazie a lui è cresciuta ritrovando la fiducia in se stessa e la speranza in un futuro), stanno i litigi ringhiosi di tutti gli altri. Farò una breve carrellata, precisando che in provincia di Ragusa la mafia non sembra essersi ancora impadronita delle elezioni. Tranquilli però, il malcostume politico e il voto di scambio prosperano come non mai.

Partiamo da Innocenzo Leontini (FI), riconfermato dopo una legislatura trascorsa all’Assessorato all’agricoltura. Sembra si sia mosso bene nel proprio campo dando risonanza ai problemi degli agricoltori iblei ed ancor più ispicesi (Ispica, la sua città d’origine), ma non si fa campagna elettorale atipica istituendo ad hoc, ad un mese dalle elezioni, “La sagra della carota” in quel di Ispica, soprattutto non con i soldi dell’Assessorato all’agricoltura, quindi con i soldi miei e di tutti i siciliani. Ricordiamo inoltre la violentissima lotta intestina nelle fila di Forza Italia per la leadership provinciale: Leontini vittorioso da una parte, Gianni Mauro e Riccardo Minardo che sostenavano il di lui nipotino Nino trombato clamorosamente (beh, undicimila e passa voti non sono proprio una sconfitta…). Nino Minardo, nipote ventottenne di Riccardo e figlio di Rosario, esponenti di un impero finanziario, politico e mediatico che comprende Giap, Tamoil, VideoRegione, partecipazioni in aziende, locali notturni, strutture alberghiere, giornali, televisioni e chi più ne ha più ne metta. Nino Minardo, il cui sorrisetto troneggiava sicuro dai pannelli pubblicitari 6x3, dalle bacheche dei distributori Tamoil improvvisamente diventati impropri strumenti di propaganda politica, dai volantini buttati a chili ovunque e che i suoi leccapiedi non disinteressati distribuivano pregando di votare per Ninuzzo. Non si contano le cene elettorali con centinaia di invitati, le violazioni continue della par condicio da parte dei media di famiglia – solo io la devo rispettare nella mia misera oretta settimanale –, le promesse di vario genere, le prodighe regalie – buoni benzina innanzi tutto – pratiche usuali dello zio passate al nipotino, pratiche di cui tutti i modicani sono a conoscenza ma che non sembrano ormai indignarli più.

Ricordiamo anche Concetta Vindigni (Udc), presidente fino a qualche mese fa della Multiservizi, strana società mista di proprietà per il 51% del comune di Modica: società privata e pubblica allo stesso tempo che possiede un presidente di nomina politica e che può assumere tramite curriculum e non secondo concorso o graduatoria… Se fossi malpensante potrei dire che la Multiservizi ha legalizzato la possibilità di assumere in un’azienda pseudo-comunale i vari galoppini e tirapiedi del potente di turno chiudendo il contratto aperto con il do ut des del voto, ma preferisco evitare simili dietrologiche mefistofelicità. Chi c’è ancora? Sebastiano Failla (Udc), che tanta parte ha avuto in passato nell’assunzione di LSU al Comune, Orazio Ragusa (Udc), neo-eletto dietro cui si vede la longa manus di Peppe Drago, padre-padrone dell’Udc siciliana, l’autonomista Gerratana che non sa nemmeno dove sta di casa (slogan “Il coraggio di cambiare per essere uomini liberi” che fa da pendant con la sua collega donna che cambia il mondo). E poi c’era l’altro Nino, Nino Cerruto della lista di Rita Borsellino, un brav’uomo che non sarebbe mai sopravvissuto alla bolgia di palazzo dei Normanni, ed infine l’avvocato cucciolo, Simona Pitino, che agguerrita glamour voleva partire alla carica del nemico. Non importa quale. Lascio per ultimo la ciliegina sulla torta di questo panorama deprimente.

Avvocato Antonio Borrometi. Margherita.

Difficile trovare le parole per descrivere la sete di potere e la smania di protagonismo di quest’uomo. Da almeno dieci anni ha perso tutte le elezioni in cui si è presentato: politiche, regionali, provinciali, amministrative. Pure il sindaco voleva fare, i modicani non glielo hanno permesso. Presentatosi nuovamente alle ultime elezioni e silurato per l’ennesima volta ha purtroppo ottenuto quei quattromila voti necessari per non scalfire il suo ego e per spingerlo a presentarsi ancora una volta. Ne sono certo. Se cito quest’individuo è solo per deriderlo raccontandovi un episodio da manuale del perfetto bastardo.

La sera del comizio della Borsellino a Modica io e l’Apostolo avevamo assistito, sconsolati, alla partenza della sua auto senza che ci avesse concesso la tanto sospirata intervista. All’improvviso si avvicina lui, l’Avvocato. Captata la possibilità di comparire su qualche media vediamo da lontano uno smagliante sorriso sgranato a 98 denti che ci punta con tanto di mano pronta ad una stretta calda e gioviale. Arriva, saluta con un viscido “buonasera!” e stringe la mano di un Apostolo attonito che lo osserva come se fosse un esemplare di capibara. Si volta verso di me e io nascondo la mano dietro la schiena dicendo: “Mi scusi, non ci conosciamo”; “Pensavo mi aveste chiamato” la sua risposta imbarazzata. “No, si sbaglia” concludo, affondando il coltello nelle carni del suo ego maltrattato...

Tiro la catena. Mi pulisco la bocca con il dorso della mano. Mi sento meglio, ma so che durerà poco.

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