sabato 12 aprile 2008

Il respiro del mondo

Un post difficile, quando gli occhi violentano l’anima di immagini cruente e le dita si congelano sulla tastiera. Non posso crederci, non vorrei. Non vorrei sporcare ancora una volta i miei pensieri di sangue e dolore per gente lontana millemila chilometri da me. Eppure è come se sentissi le loro urla di disperazione, la corsa tra macerie di civiltà, il respiro affannoso di un uomo o di una donna in tonaca rossa, la loro carcerazione, le torture, le condanne a morte spicciole. DDT ideologico. Orrore metodico. Incredulo assisto ad un popolo disintegrato e al suo annientamento sistematico: un genocidio programmato, lo sterminio scientifico di una cultura tra le più affascinanti al mondo…

Grandinate di repressione sulle tegole di Shangri-La, il tetto del mondo.

Un fazzolettino di roccia e terra di nessun conto ma che la Cina sembra desiderare più di ogni altra cosa. Da cinquant’anni ormai il mondo vede scorrere impassibili fotogrammi di un insulto alla dignità stessa dell’uomo: monasteri distrutti, monaci dispersi, carceri e torture, centinaia di silenziose morti quotidiane che dovrebbero come minimo indignare i tanti reucci che hanno deciso di spartirsi la torta del mondo. Tibet: parola da brivido, evocazione di pace interiore e mistero che trasuda. Chissà se i nostri figli la leggeranno ancora sulle carte geografiche.

Certo se l’Onu avesse un barlume di autorità e non fosse diventata solo il braccio diplomatico degli Stati Uniti avrebbe dovuto protestare violentemente nei confronti di un membro permanente del Consiglio di Sicurezza, chiedere conto e ragione di una situazione anomala, paradossale: e invece assistiamo ad un imbarazzante silenzio generalizzato, spezzato appena da qualche sussurro in favore di un popolo che presto – temo – smetterà di esistere. Assorbito a forza da una cultura repressiva che è riuscita in un’impresa incredibile: fondere comunismo e capitalismo e nel contempo assumere le caratteristiche peggiori di entrambi. L’a-moralità e la volontà di sopraffazione, il mono pensiero e il terrore del diverso, finiti nello shaker sinistro della politica.

Scorre un brivido nelle mie vene pensando alla Cina e alla sua follia distruttrice. Tibet tagliato fuori dal mondo, chiuso al resto dell’universo fino al primo Maggio: la mia mente – pur malata e incline alla psicopatia per certi versi – non riesce ad immaginare quanta atrocità percorra in questo momento le strade di questo mite angolo di mondo. “Affare interno” bofonchiano cupi i leader cinesi, che continuano incredibilmente a considerare il Tibet una regione secessionista e il Dalai Lama un pericoloso criminale.

Perché nessuno interviene? Perché questo silenzio? Perché la diplomazia sembra ignorare una gravissima violazione dei diritti umani come questa? Non sprechiamo fiato in chiacchiere inutili per favore. La Cina è la Cina. Non si indispone uno Stato con un miliardo e duecento milioni di abitanti, principale partner commerciale del futuro prossimo: e se qualche bonzo in Tibet viene arrestato e torturato, se le esecuzioni sommarie sono l’ordine del giorno pazienza. Tanto di sherpa se ne troveranno sempre, no?


L’unica iniziativa che sembra poter prendere piede in questo momento è il boicottaggio delle Olimpiadi: per quello che serve… Infatti non serve. Uno spirito plurimillenario di chi voleva ogni guerra interrotta in favore dei Giochi olimpici andrebbe disatteso. Boicottare la cerimonia d’apertura però potrebbe essere un’azione simbolica se questa fosse coordinata e non riguardasse quasi esclusivamente pochi sparuti leader di paesottoli dal peso diplomatico limitato.

Perché non è possibile che un’intera cultura sia spazzata via dalla metastasi maligna di una ideologia defunta: non è affare interno cari cinesini, è l’erosione di una parte della memoria collettiva del pianeta… Mi fa paura la Cina. Questa Cina: determinata, senza scrupoli, arrogante, liberticida.

Stupida. Come stupido è chi dimentica che la cultura di un popolo passa anche attraverso il suo afflato spirituale.

I nostri petti contro i loro fucili

Post breve, lapidario. Come quella che metteremo sulla nostra terra martedì mattina dopo aver letto i risultati – fin troppo scontati - delle elezioni… Partiamo dall’assioma fondamentale: votare centro-destra in Sicilia è immorale. Quando si decide di candidare come presidente della regione un figuro quale Lombardo, degno erede di Totò Vasa-Vasa, un uomo che ha fatto delle reti clientelari la norma della sua politica, non credo si abbiano altre alternative. Mi spiace per Sonia Alfano, gran brava ragazza, ma l’unica persona capace di contrastare lo strapotere di Lombardo & Co. temo sia Anna Finocchiaro: con tutti i suoi difetti, pur nell’inciucio con Leoluca Orlando, pur nella lottizzazione a priori degli eventuali posti nella cabina di regia della regione. Non ho voluto nemmeno ascoltare un suo comizio. Tanto, non la voterò per il programma che presenta, la voterò solo perché rappresenta l’unica speranza per arginare l’esondazione di poteri grigi ai livelli più alti del governo regionale.

È immorale votare centro-destra in Sicilia. Non si possono accettare le parole di un invasato appartenente a quello schieramento che definisce Mangano, l’arcinoto stalliere di Arcore, come eroe. Perdonate la dietrologia, ma non posso allontanare dalla mia mente che queste parole siano messaggi ben precisi rivolti ad altrettanto ben precise categorie di sostenitori… Weltroni, nel suo inevitabile populismo elettorale dice che annienterà la mafia, la ‘ndrangheta e la camorra (se davvero possedesse gli strumenti giusti per fare questo diventerei un sostenitore assoluto del Pd), Berlusconi e Dell’Utri definiscono eroe un mafioso reo confesso e condannato per reati di mafia. Scusate, amici del PdL, se populisticamente ritengo ancora eroi quanti sono morti per mano delle mafie.

Immorale votare centro-destra in Sicilia. Gente che minaccia – perché di minaccia si tratta – di dare un ministero a Bossi, ormai povera macchietta di sé: l’uomo che vuole imbracciare i fucili contro lo Stato, l’uomo condannato per vilipendio al tricolore, l’uomo proveniente da una formazione che ha sempre considerato il Sud Italia come una palla al piede salvo poi allearsi con partiti quali MPA per semplice convenienza: un voto per unire, vota Lega Nord – Mpa... Meno male che ho lo stomaco forte, altrimenti i conati non si conterebbero nemmeno. Volo pindarico: non dimentichiamo infine Berlusconi che, come un bimbo, vuole giocare con le figurine. Esempio di scuola infatti lo ha chiamato. Ipotizzare le dimissioni del capo dello Stato per riequilibrare il rapporto tra maggioranza e opposizione? Ce l’ho, ce l’ho, mi manca… Scusate se penso ancora che il presidente della Repubblica debba essere una figura super-partes, scusate se penso che le due Camere debbano governare nell’interesse di tutti gli italiani e non solo di una parte.

Voterò, non voterò? Sapete come la penso. Eppure non riesco a pensare altri cinque anni con il Cavaliere Nero: sarebbe uno sfregio ai concetti più elementari della democrazia. Non so, non lo so davvero. Il voto utile… Eppure dovrei essermi stancato di turare il naso e votare il meno peggio.

Vorrei davvero votare con passione. Come la prima volta, emozionato per quella matita copiativa e quel foglio che mi stavano consegnando in mano… Votavo, esprimevo il mio consenso! Contavo.

Perché stavolta non riesco? Voto utile. Timocrazia contro demagogia. Che tristezza.