I
social network in generale portano gli "scrittori" FB a credere che
basti qualche like degli amici per consacrarsi come nuovo fenomeno
letterario. Credono che per essere uno "scrittore" basti una frasetta
spiattellata sul proprio aggiornamento di stato o una nota ridicola,
magari in un italiano stentato, una metafora banale da quattro soldi o
una rima scontata.
Credono, quando invece appaiono drammaticamente patetici. Ovviamente di tutto questo loro non si accorgono perché leggono poco e male e non cercano il confronto con quella che
dovrebbe essere la "grande letteratura" di tutti i tempi. Credono che
l'unica forma di scrittura possibile sia quella di getto, immediata e
rinnegano ogni altra forma possibile che non sia la propria: ignorano,
insomma, che per scrivere un testo valido e ancor più una poesia è
necessaria la disciplina della scrittura e la perfetta padronanza degli
strumenti linguistici oltre che, com'è ovvio, la capacità di raccontare e
di creare immagini con le parole.
Ecco che male fanno gli scrittori da social network: sviliscono e
degradano il valore della letteratura, masticano e riducono in poltiglia
la meravigliosa complessità di una lingua che permette di narrare,
descrivere e dipingere le innumerevoli sfumature della nostra realtà in
nome di una "naturalezza" o di un "impeto poetico" che in realtà è solo
il sintomo d'ignoranza arrogante e mediocrità.