martedì 18 ottobre 2011

Il blocco dell'untore

Mi fanno pena gli indignati. Noi indignati. Duecentomila persone pacifiche, forse alcuni un po' pecoroni ma va bene così se è per una giusta causa, migliaia di persone che volevano protestare contro una gestione aberrante dei poteri mondiali. Far parlare dei problemi della gente e dei drammi quotidiani di chi non riesce più a sopravvivere. Vecchi e nuovi poveri sull'orlo del baratro. E invece niente, tutta l'attenzione della stampa spostata sopra un pugno di utili idioti che il governo ringrazia per aver devastato una città servendo su un piatto d'argento proposte che mai si sarebbero avanzate in un paese cosiddetto democratico... Ah già, dimenticavo che non lo siamo più ormai. Mi fanno pena loro, gli indignati però pacifici. Alla rabbia dei vecchi poveri si aggiunge la rivolta dei ceti medi esasperati e senza nocchiere. Mentre i “ricchi” che governano non sono disposti a cedere una parte delle proprie sostanze in nome del bene comune ci si accanisce contro quella che qualcuno chiamava “classe di mezzo” spogliandola delle sostanze che consentivano di poter vivere dignitosamente e di poter, in tal modo, trainare lo sviluppo di un paese. Siamo tutti più poveri, affamati dalle banche e dalla politica connivente. Concetti decisamente populisti ma veri, che scaturiscono dalla rabbia di un mondo che ti crolla intorno. Il timore è che una simile rabbia non si riesca ad incanalare in un moto di rinnovamento reale e in una progettualità a medio e lungo termine. Che siamo giustamente incazzati credo ormai lo abbiano capito tutti. Ma poi? Senza una palingenesi politica e culturale, indignati o no, non andremo da nessuna parte e rappresenteremo solamente l'ennesimo gradino su cui la politica e l'economia mondiale potranno poggiare il loro piede.


Mi fanno pena anche i poliziotti. Come quei soldati che Mussolini inviava in Cirenaica durante la seconda guerra mondiale. Combattevano in nome dell'Impero, gasavano villaggi, violentavano donne, torturavano e uccidevano uomini vecchi e bambini. Non si potevano rifiutare: erano soldati, la pena per la diserzione era il muro. E allora morivano a loro volta atrocemente, lontani da casa, e alla famiglia arrivava un telegramma di deliranti stupidaggini del Duce, due lire di pensione e grazie tante. Oppure tornavano, sconvolti nello spirito per le mostruosità che avevano commesso e trovavano le macerie di un paese distrutto dal potere per cui loro avevano combattuto. E la soddisfazione era quella di essere stati, per un momento, superiori a qualcuno più debole di loro al quale stavano portando il progresso e la civiltà. E oggi i tanti disoccupati che scelgono di ricevere il soldo dal ministero dell'Interno sanno che per mille e trecento euro al mese dovranno difendere il loro datore di lavoro sempre e comunque. “Difendere la democrazia” però gli dicono, anche quando questa viene stuprata dal branco delle maggioranze in uno sgabuzzino buio. E, tolti gli imbecilli in divisa, esaltati nell'alzare il braccetto destro e inneggiare ad un altro stupratore della democrazia, che provano piacere ad abusare del proprio potere sui più deboli, tolti gli idioti in livrea rimangono tutti gli altri. Quelli che vorrebbero entrare in Parlamento e arrestare tutti quanti, quelli che non riescono a dormire la notte perché costretti a picchiare ragazzi inermi che protestano anche per loro, quelli che ci credono e che vorrebbero davvero essere dei servi per il popolo italiano, lo stesso che non potendo scagliarsi contro il potere politico insulta e sfoga la sua rabbia sopra poveri cristi dalle facce uguali a quelle dell'altra parte della barricata. Solo, con la giubba di un altro colore.


Eppure mi fanno pena anche loro, infine. Gli incappucciati di ogni genere, sette politiche, infiltrati. Autonomi e sbandati. Picari senza padrone, arrabbiati senza soluzione. Bestie nate in cattività e fuggite dal gabbio di un circo incapaci di affrontare la foresta che si difendono nella sola maniera che conoscono. Attaccare. Mordere. Violenza cieca, violenza egoisticamente catartica. Mi fanno pena i famigerati “black bloc”, quelli finti, quelli veri. Perché ce ne saranno stati di finti. Non nascondiamoci dietro un lampione divelto: la lezione di Cossiga non si dimentica facilmente. A qualcuno avrà pure giovato l'inferno di Roma. Potremmo distribuire colpe a vanvera, ipotizzare una mossa del Governo per delegittimare il movimento degli indignati, o per giustificare la messa al bando dei cortei, o ancora per invocare norme liberticide in nome di un ordine sociale che il “popolo” sente vacillare. Certo lasciare che le frange violente devastino tranquillamente una città non depone a favore delle forze di polizia e fa sorgere più di un legittimo sospetto. O incapaci, o conniventi ed istigatori della violenza per ordini superiori, o solo impotenti di fronte a simili eventi. E se e se. Potremmo continuare a lungo a costruire castelli senza uno straccio di prova. Però consentiteci che un dubbio sorga nelle menti di qualcuno... Non è colpa nostra, davvero. Non è colpa nostra se siamo nati nel paese delle stragi di Stato, delle stragi impunite, delle eversioni del potere deviato, delle logge massoniche, del bispensiero, dei colpi di Stato sventati e di quelli riusciti, della privatizzazione del potere e dell'assuefazione delle coscienze alla mediocrità dei propri governanti. Non è colpa nostra se ci hanno costretti a dubitare su ogni cosa in questo paese bello e ridicolo.


Soprattutto, non dateci colpe se riteniamo inverosimile attribuire l'ennesimo sacco di Roma solo agli infiltrati di ogni risma. C'è un nucleo di violenza inesplosa nel mondo che ticchetta inesorabile, innescata dall'esasperazione di una catastrofe sempre più vicina. C'è chi riesce a contenerla, c'è chi no. E se la colpa di tutto ciò risiede nei consorzi della finanza mondiale non basterà certo scuoiare la pelliccia di un pecorone che lancia estintori a risolvere il problema.

lunedì 10 ottobre 2011

Aprite gli okki!!!!! E, se non arreca troppo disturbo, anche il cervello

Rimango sempre sorpreso quando tanti amici, alcuni dei quali particolarmente acuti, danno credito e anzi diffondono le notizie provenienti dagli ambienti del complottismo più superficiale. E diciamolo pure, più stupido. Rimandando a data da destinarsi – forse anche mai – la ricerca delle ragioni che spingono tante persone a rifugiarsi nelle facili risposte di autoeletti guru della “controinformazione” sarà bene soffermarsi su due questioni che ancora oggi godono, purtroppo, di grande popolarità. La prima è la colossale cantonata del signoraggio bancario, che blog come quello di Beppe Grillo hanno contribuito a diffondere salvo poi rinchiudersi in un silenzio colpevole una volta comprese quali stupidaggini avevano supportato. L'altra è quella della benzina a metà prezzo, che gira subdolamente attraverso catene mail e link selvaggi su Facebook.


Il signoraggio

Ma partiamo dal signoraggio e parliamo di questo supposto ridicolo complotto delle banche per dominare il mondo, un complotto al quale tanti ancora credono fermamente. Sia detto per inciso, io sono il primo a pensare che i cartelli economici transnazionali vogliano dominare l'economia mondiale – anzi temo siano riusciti nel loro intento già da tempo. Solo, credo che non abbiano avuto bisogno di magheggi al limite del massonico ma che abbiano agito alla luce del sole attraverso le speculazioni di borsa. Tornando al complottismo più strampalato, invece, diremo che la teoria del signoraggio bancario si basa su un assunto fondamentale: quando una Banca Centrale stampa nuova moneta, compie un furto ai danni della società. Questo perché darebbe alla banconota, nata come semplice pezzo di carta, un valore nominale che non corrisponde al costo della stampa. Siccome i soldi verrebbero stampati dal nulla essi, rappresentando la contropartita del nulla, sarebbero lo strumento delle Banche Centrali per arricchirsi senza averne il diritto a scapito delle comunità che basano la propria economia su quella moneta...

Come no. Cerchiamo allora di dipanare con la maggiore chiarezza possibile questa enorme accozzaglia di stupidaggini. Secondo questa teoria una banconota da 100 euro che è costata 30 centesimi avrebbe come valore reale 30 centesimi, quindi la Banca centrale ruberebbe 99,70 euro alla società dal momento che la fa circolare con un valore nominale di 100 euro. In realtà, dispiace rivelarlo agli amici complottisti, esiste una contropartita all'emissione di moneta che è rappresentata dall'acquisto di titoli, cioè una sorta di “pagherò” emessi dal sistema bancario, dai singoli Stati o dagli investitori. La Banca Centrale acquista questi titoli dai soggetti che li hanno emessi mettendo il denaro in circolazione. I soggetti che hanno collocato i titoli utilizzeranno poi il denaro ricevuto in prestito dalla Banca Centrale per le loro attività. Quando poi questo prestito verrà restituito, il titolo smetterà di avere valore e la Banca Centrale collocherà di nuovo i soldi che sono tornati indietro sul mercato acquisendo altri titoli. Punto. Dunque la Banca Centrale non guadagna nulla sulla moneta che ha emesso, ma esclusivamente sugli interessi generati dall’acquisto di titoli. Il denaro quindi non è generato dal nulla ma rappresenta il controvalore della ricchezza della società: la Banca stampa nuova moneta solo per soddisfare le esigenze di liquidità, dunque risponde ad una richiesta ben precisa del mercato, non si può mettere a stampare soldi quando e come vuole. Se si stampano più soldi di quanto giustifichi la ricchezza presente nella società, allora il denaro si svaluterà e si produrrà inflazione. Facciamo un esempio pratico: se sul mercato ci sono cento polli e il valore totale della moneta in circolazione è di cento euro ogni pollo costerà un euro. Se si stampano altri cento euro senza aumentare però il numero di polli sul mercato ecco che ci saranno troppi soldi in circolazione con cui non ci sarà nulla da comprare: il denaro si svaluterà e ogni pollo aumenterà di prezzo.

L’inflazione dunque è generata dall’emissione della moneta e non dall’interesse, mentre il debito della società o di un paese deriva da chi decide di spendere denaro che non ha. Per fare un altro esempio, lo Stato italiano ha un debito stratosferico perché ha investito soldi che non possiede: per cercare liquidità allora e per onorare il prestito alla Banca Centrale emette delle obbligazioni, tipo i Bot, con cui il cittadino diventa creditore dello Stato italiano ricavandone un piccolo interesse. Tutta l’economia mondiale è basata sul meccanismo di credito e di debito e l’unico signoraggio reale, è bene ripeterlo a scanso di equivoci, è il guadagno della Banca Centrale sull’interesse generato dall’acquisizione di titoli. Il resto lasciatelo ai complottisti in trincea sempre pronti a cercare nemici. Spesso, duole dirlo, inesistenti.


La benzina a metà prezzo

Un'altra bufala riguarda quella secondo cui basterebbe non comprare carburante da Shell ed Esso per far abbassare loro i prezzi, obbligando le altre compagnie a fare altrettanto. Una cantonata grossolana se si ragiona sulla natura del prezzo alla pompa: su un litro di benzina acquistata a 1,6 euro, infatti, ben 90 centesimi vanno all'italico fisco (fonte al 26 settembre 2011 il Ministero dello Sviluppo Economico, mica cotica). Senza considerare altri balzelli indiretti (qui, all'ultimo capoverso del post, un elenco), a causa dei quali solo il 30% del prezzo che paghiamo alla pompa va, di fatto, al produttore. Conseguenza di ciò è che se anche una simile proposta balzana avesse lontane chance di riuscita, questa si applicherebbe al prezzo netto del carburante e determinerebbe una diminuzione del costo alla pompa non superiore al 15%. Ecco la cruda verità: se proprio volete dare una spallata alle compagnie petrolifere andate in bicicletta piuttosto.